La medicina di genere, già alla base delle politiche pubbliche di diversi Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, potrebbe presto entrare anche all'interno delle policy di Regione Lombardia. Secondo quanto emerso da una ricerca di Eupolis che è stata appena presentata in commissione Sanità, i campioni femminili all'interno delle popolazioni presentano caratteristiche fisiologiche, anatomiche ed evolutive differenti dai target maschili e perciò andrebbero trattati diversamente, in una prospettiva, appunto, "di genere".
Le donne vivono più a lungo, denunciando però maggiormente un cattivo stato di salute; fruiscono di un più alto numero di prestazioni sanitarie rispetto agli uomini (il 18% contro il 14% degli uomini); consumano più farmaci (il 50% contro il 39% degli uomini).
Le donne hanno anche una predisposizione maggiore rispetto ai pazienti maschi per una serie specifica di malattie tra le quali il diabete, l'osteoporosi, la cefalea, la tiroide, o l'Alzheimer. Secondo quanto emerso in diversi Paesi, un approccio neutro ai trattamenti spesso ha portato, per contro, a diagnosi inefficaci o trattamenti inadeguati. La medicina di genere invece offre l'opportunità di impostare percorsi preventivi, diagnostici e terapeutici specifici per ciascuno dei due sessi. Tener conto delle molteplici differenze che intercorrono nel corpo di una donna e di un uomo significa dunque assicurare sulla salute della popolazione risultati più efficienti ed efficaci e, nel lungo corso, arrivare a risparmiare molto in termini di spesa pubblica.