Con il decreto migranti Meloni "c'ha provato" ma, poverina, non ha avuto successo. Chi se ne intende, non certo persone del calibro di Piantedosi e Nordio, avevano pubblicamente spiegato a Meloni che l'ennesimo dispetto ai migranti in omaggio al protocollo Albania sarebbe stato un flop... oggi la premier ne ha avuto conferma.

"Il sistema della protezione internazionale è, per sua natura, sistema giuridico di garanzia per le minoranze esposte a rischi provenienti da agenti persecutori. Salvo casi eccezionali (lo sono stati, forse, i casi limite della Romania durante il regime di Ceausescu o della Cambogia di Pol Pot), la persecuzione è sempre esercitata da una maggioranza contro alcune minoranze, a volte molto ridotte. Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell'Italia sotto il regime fascista".

Questo è quanto ha scritto il Tribunale di Bologna a giustificazione del rinvio alla Corte di Giustizia europea del decreto sui Paesi sicuri. L'ordinanza di rinvio è stata emessa relativamente al ricorso presentato da un richiedente asilo del Bangladesh, che ha impugnato il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto, dichiarandola infondata, la sua domanda di protezione internazionale, poiché la sua provenienza - dopo l'ultimo provvedimento di Palazzo Chigi - sarebbe quella da un Paese ritenuto sicuro.

Pertanto, i giudici di Bologna hanno chiesto alla Corte di Giustizia europea di esprimersi su quale sia il parametro per individuare i cosiddetti Paesi sicuri e se quanto afferma Bruxelles debba prevalere o meno su ciò che affermi Roma, nel caso in cui la normativa nazionale sia in contrasto con quella europea.

Il Tribunale di Bologna domanda, in primo luogo, se per il diritto comunitario il parametro in base al quale un Paese viene definito sicuro sia la carenza di persecuzioni dirette in modo sistematico contro gli appartenenti a determinati gruppi sociali e di rischi reali di danno grave. Inoltre, i giudici bolognesi chiedono alla Corte Ue se il principio del primato del diritto europeo imponga di stabilire che, in caso di contrasto fra norme europee e nazionali in materia di designazioni dei Paesi da considerare sicuri, il giudice debba sempre ritenere prevalente la normativa europea e, di conseguenza, disapplicare quella nazionale.

Il provvedimento partorito una settimana fa in un CdM convocato in fretta e furia da una più che imbufalita Meloni è già morto e sepolto in attesa che si esprima la Corte di Giustizia europea. E adesso, Meloni chi potrà spedire in Albania?