Non possiamo paragonarlo a Aquiles Serdan, Pancho Villa, Emiliano Zapatao, Venustiano Carranza o Álvaro Obregón... però, è un fatto, che Andres Manuel Lopez Obrador formerà un governo di sinistra. Una notizia per il Messico.

Obrador, 64 anni, sindaco di Città del Messico, domenica scorsa ha vinto le elezioni presidenziali, con quasi 11 milioni e mezzo di voti, il 53,6% dei consensi, un margine tale da risultare il più ampio dagli anni '80, con un distacco di circa 30 punti dal secondo, Ricardo Anaya Cortés che ha ottenuto 4,8 milioni di voti, pari al 22,9%.

Il suo programma? Sradicare la corruzione, smantellare i cartelli della droga, ridurre le disuguaglianze... ma la carta vincente è stata soprattutto quella di non volere un Messico succube rispetto alla politica Usa, oltre alla promessa di un maggiore controllo sugli investimenti esteri.

Per capire quanto potrà essere incisiva la sua azione di governo, sarà necessario attendere lo scrutinio completo dei parlamentari eletti al Congresso. Alla Camera, Morena, il partito di Obrador ha ottenuto la maggioranza assolutà dei seggi, mentre al Senato, pur essendo in vantaggio, i voti non sarebbero sufficienti... ma il conteggio è ancora in corso.


Dopo che i suoi avversari hanno ammesso la sconfitta, Obrador si è rivolto alla nazione promettendo di dare al Paese un'autentica democrazia, promettendo rispetto per le libertà individuali, l'indipendenza della Banca centrale, prudenza economica.

Ma è soprattutto sull'orgoglio nazionale dei messicani che Obrador ha fatto leva, in particolar modo sul rapporto non certo idilliaco con gli Stati Uniti a causa della revisione voluta da Trump del Nafta, trattato che coinvolge anche il Canada, e della costruzione del muro al confine tra Usa e Messico.


Lopez Obrador è il leader più a sinistra che guiderà il Messico dai tempi di Lazaro Cardenas, 1934. Come Cardenas, Lopez Obrador ha in programma di aiutare i contadini - anche se ha sottolineato che, rispetto a Cardenas, non intende espropriare la proprietà privata - combattere la disuguaglianza, aumentare i salari e la spesa dedicata all'assistenza.

La mafia locale, rappresentata da potentissimi cartelli della droga, è stata combattuta dall'ex presidente Felipe Calderon inviando l'esercito: dal 2007 circa 230.000 persone sono rimaste uccise. Lopez Obrador, per porre fine a tale spargimento di sangue, vuole tentare un'altra strada, compresa quella di un'amnistia per i "soldati" delle bande di narcotrafficanti.

Lopez Obrador ha detto che da presidente continuerà ad abitare nella sua casa, trasformerà la residenza ufficiale in un museo, venderà l'aereo presidenziale e taglierà il suo stipendio.

Per vedere se Obrador manterrà le proprie promesse c'è ancora del tempo. Il nuovo presidente, infatti, entrerà in carica a partire dal prossimo 1 dicembre.