A Roma, la piazza per l'Europa scelta da Michele Serra e dai sindaci che lo hanno aiutato nell'organizzare la manifestazione da lui promossa - si può dire quasi a sua insaputa - era Piazza del Popolo, luogo simbolo degli appuntamenti di partiti e sindacati.

Rispetto a quanto si è visto negli ultimi anni, oggi la piazza era stracolma. Quasi sicuramente, il numero delle persone presenti era oltre le 30mila, divise da opinioni diverse, ma unite nel credere alla necessità di un'Europa differente da quella attuale, che possa finalmente iniziare a darsi una struttura politica basata veramente sui valori di Ventotene, a cui l'economia debba fare da sostegno. Oggi, invece, accade l'esatto opposto, con la conseguente irrilevanza di Bruxelles in tutti i campi. 

Ed è questo, in fondo, il senso di ciò che ha detto Michele Serra nel suo discorso dal palco rivolgendosi alla gente e ai politici presenti:

"Siamo in tanti. Evviva!Siamo in tanti perché siamo popolo. Popolo è una parola che negli ultimi anni è stata sottratta alla democrazia e alla gentilezza. E invece è la più democratica delle parole. Siamo in tanti e siamo diversi. Siamo in tante e siamo diverse. Perché una piazza europea non può che essere una piazza di persone che, su parecchie cose, non la pensano allo stesso modo. Ognuno di voi potrebbe avere accanto qualcuno che vota per un altro partito. O non vota affatto. Che crede in un altro dio, oppure in nessun dio. Che ama la pace, ma pensa di difenderla in modi differenti.In un mondo che sembra in frantumi, una piazza che unisce persone e idee diverse è uno scandalo. Questo scandalo ha un nome. Si chiama democrazia. Non è molto di moda, nel mondo, la democrazia. Il mondo è pieno di gente in galera perché non la pensa come il capotribù. Di bambine che non possono andare a scuola perché sono bambine. Di oppositori assassinati o avvelenati, di libri messi al bando, di idee schiacciate. Di omosessuali e transessuali perseguitati per legge. Di schiavitù sul lavoro e nelle famiglie. Di vite sottoposte al dominio del padrone e all’arbitrio del padre.Qui, no. Perché siamo in Europa. E per quanti errori abbiamo fatto, e per quanta ingiustizia e indifferenza ancora opprimano i più deboli, da ottant’anni a questa parte stiamo provando a vivere in libertà e in pace. E le persone che scappano dalla guerra, dall’oppressione e dalla fame per cercare rifugio qui da noi lo fanno perché per loro vivere in pace, e vivere liberi, e avere la pancia piena, è una grande novità. E non una pigra abitudine, come ci siamo rassegnati a credere noi europei, viziati da ottant’anni di pace e di libertà. Diamoci una mossa, perché altrimenti rischiamo di credere che la sola bandiera che ci resta da sventolare sia la carta di credito.Quella è la bandiera di Trump e del suo governo di miliardari. Gente convinta che ricostruire Gaza rasa al suolo sia una questione immobiliare, non un’urgenza umana. Poveri loro, che con tutti quei quattrini non possono comperare niente che non sia altri quattrini.I nostri veri nemici siamo noi stessi quando dimentichiamo la nostra fortuna. Per quelli che attraversano il Mediterraneo per venire qui, e per quelli che sventolano questa bandiera a Est, l’Europa non è un concetto astratto. È la salvezza. Ricordiamocelo, quando li ricacciamo in mare. E ricordiamocelo, quando pensiamo che la resistenza degli ucraini sia solo una scocciatura che ci impedisce di riposare tranquilli.Questa bandiera ha sventolato poco, dalle nostre parti. È appesa negli uffici e davanti ai palazzi, fin qui è stata un simbolo freddo, che non scalda i cuori. Se ci è venuto in mente di portarla in piazza è perché vogliamo sentirci europei non per trattato, non per un vincolo burocratico. Ma perché crediamo sul serio, ostinatamente, perfino a dispetto della realtà, alla libertà e alla pace, che sono le due madri della costruzione europea.Sappiamo tutti qual è il problema, qui e oggi. Ci sono, anche in questa piazza, idee diverse su come l’Europa deve proteggere se stessa, avere cura dei suoi valori e della sua gente. Il problema è che tutti vogliamo la pace, ma non può esistere pace senza libertà. Nessuno può sentirsi in pace, se è oppresso, invaso, sottomesso. E tutti vogliamo la libertà, ma non esiste libertà se non c’è la pace. Nessuno è libero, sotto le bombe o con un fucile puntato addosso. Niente sospende la libertà degli esseri umani quanto la guerra. La guerra non è solo il contrario della pace, è anche il contrario della libertà.Abbiamo queste due parole preziose tra le mani, pace e libertà, ma non sappiamo bene come usarle senza che cadano a terra, e si rompano, e ci restino solo i cocci.Questa piazza non ha risposte, ma ha ben chiare le domande. Questa piazza è un punto interrogativo di colore blu. Noi siamo la domanda che consegniamo a noi stessi, a chi ci governa, a chi ci rappresenta nel Parlamento italiano e in quello europeo. Chi si illude di avere le risposte in tasca, e sa come si fa la guerra, e sa come si fa la pace, oggi non è qui.Ai politici presenti in piazza, che ringrazio di cuore, e a quelli che non ci sono, che rispetto, ho solo un piccolo rilievo da muovere. Siete troppo intelligenti. Cercate, per favore, di essere un poco più stupidi, come questa piazza che non ha fatto calcoli, che non sa esattamente che cosa si deve fare, ma cerca di farlo lo stesso. Cercate, per favore, di parlarvi e addirittura di ascoltarvi. Noi siamo qui, oggi, perché la nostra solitudine e le nostre speranze ci impedivano di restarcene in casa. Ci hanno spinto a uscire di casa, e a ritrovarci qui. Insieme. La ripeto perché è la più europea delle parole: insieme.Forse stasera ci sentiremo un poco meno confusi. Forse, ancora più confusi. Di sicuro, ci sentiremo un po’ meno soli. A questo dovrebbe servire la politica: a sentirsi meno soli. Grazie di cuore a tutti".