Mobilitazione non è sopravvivenza, non adattamento a nuove difficoltà, non è una chiamata a dare supporto. È l'esatto contrario: la mobilitazione non è contro le difficoltà e le sfide (che nessuno smentisce e per le quali occorre prepararsi), ma per costruire una Russia più forte e giusta. La mobilitazione si basa sulle qualità fondamentali del nostro popolo: sul desiderio di vivere nella verità, nella solidarietà (comunità), nel senso di cameratismo e fratellanza, nella fermezza disinteressata. Non ci sono forze più potenti di queste, nessuna costruzione politica e inganno propagandistico possono anche solo avvicinarsi ad essere paragonato a loro. Solo rivolgendoci alle qualità profonde del nostro popolo, supereremo tutte le prove e ne usciremo rinnovati, onesti con noi stessi, uniti e forti. Semplicemente non abbiamo altro modo - e questa mobilitazione è già in corso.

È questa la conclusione di un articolo propagandistico pubblicato sulla Ria Novosti

Un articolo che non parla di arruolamenti forzati o di chiamate alle armi di riservisti, ma è comunque indicativo per capire quale sia il clima in Russia e di come la propaganda stia iniziando la semina perché siano i russi stessi a promuovere come necessario correre ad arruolarsi per servire la patria, perché sarà necessario farlo, per combattere non solo contro l'Ucraina ma soprattutto

"contro l'Occidente che si è prefissato l'obiettivo di isolare e schiacciare la Russia (chiamato vergognosamente "cambio di potere"), mentre noi siamo il cambiamento nell'ordine mondiale esistente, cioè il completamento finale dell'era di seimila anni di dominazione occidentale del mondo".
Quindi, a chi dice che la guerra in Ucraina ha parzialmente a che fare con l'Ucraina, nel leggere tali affermazioni, è difficile dargli torto e, per come stanno andando le cose, è anche difficile sperare in accordi di pace che possano far concludere questa guerra che la propaganda di Mosca fa sembrare, almeno ai russi, come uno scontro decisivo che inevitabilmente dovrà avere un vincitore (ovviamente la Russia) e un vinto (ovviamente gli Stati Uniti e i Paesi alleati).

"I combattimenti in Ucraina si stanno trascinando e l'Occidente sta ora facendo ogni sforzo per garantire che il conflitto duri il più a lungo possibile, inviando nuove armi all'Ucraina e incoraggiandola psicologicamente. Le consegne di armi e l'assistenza dell'intelligence occidentale non possono invertire però la sorte delle ostilità (la Russia distruggerà la maggior parte dell'equipaggiamento pesante prima che raggiunga le truppe ucraine, mentre la crisi di carburante in Ucraina è dietro l'angolo), ma possono ritardarne notevolmente l'esito, i cui obiettivi non possono essere cancellati: la smilitarizzazione dell'Ucraina, cioè  privarla del suo esercito, e la sua denazificazione, che implica un cambiamento nell'attuale élite. La Russia non lascerà l'Ucraina (non importa quale sia la sua dimensione) nella sfera di influenza dell'Occidente, né geopolitica, né militare, né ideologica. ... Abbiamo attraversato il Rubicone e semplicemente non possiamo tornare indietro. Siamo tornati sulla strada maestra della storia russa ed è impossibile tornare indietro o deviarla sulla via dell'ambiguità e dell'irresponsabilità senza perdere la Russia".

Quindi, coloro che giustamente invocano la pace, il dialogo con la Russia e una moderazione nell'invio di aiuti militari all'Ucraina per favorire il tavolo delle trattative, dovrebbero però anche spiegare come sia possibile farlo quando il clima che Putin sta creando nel suo Paese è quello di una guerra non tanto locale quanto globale. 

Infatti, per come stanno le cose in Russia (l'informazione è subordinata ai disegni di Putin), se un'agenzia stampa pubblica tali articoli, è evidente che Putin stia ormai mirando, al di là di quelle che fossero le intenzioni iniziali dell'invasione dell'Ucraina, ad uno scontro diretto contro l'occidente.