Il Labour Party, guidato da Keir Starmer, ha ottenuto una vittoria storica nelle recenti elezioni britanniche, segnando il più grande cambiamento  in termini di seggi dal 1945. Con 632 risultati dichiarati, il Labour ha conquistato 410 seggi, superando di gran lunga i 118 dei conservatori. Un successo, va comunque sottolineato, che è da descriversi più come una conseguenza del crollo dei Tory che di un significativo progresso del Labour.

Nonostante la vittoria in termini di seggi, il Labour ha registrato una flessione nei suoi collegi tradizionali. La strategia centrista di Starmer e la sua posizione pro Israele (influenzata dalla moglie, ebrea) hanno alienato una parte della base elettorale, specialmente nelle aree con una significativa popolazione musulmana. Anche i Liberal Democratici, guidati da Ed Davey, hanno beneficiato del tracollo conservatore, ottenendo 71 seggi, sottratti in gran parte ai Tory.

Il Partito Conservatore ha subito la peggiore sconfitta della sua storia. Il premier uscente Rishi Sunak è riuscito a mantenere il suo seggio, ma molti dei suoi colleghi, anche illustri, non hanno avuto la stessa fortuna. Tra gli sconfitti figurano importanti ministri come Penny Mordaunt, Grant Shapps, Jacob Rees-Mogg e Liz Truss. Jeremy Hunt, ministro delle finanze, è riuscito a conservare il suo seggio solo per un soffio.

Il partito euroscettico e xenofobo di Nigel Farage ha ottenuto quattro seggi. Anche se sono meno dei tredici previsti dagli exit polls, Farage è comunque finalmente riuscito a entrare a Westminster, risultando vincitore nel collegio dell'Essex. Il pericolo è che la sua presenza possa  esercitare una continua pressione sui conservatori, che potrebbero finire per farsi contagiare dalla sua ideologia.

Degna di nota, poi, è la vittoria dell'ex Labour Jeremy Corbyn che, nel suo storico collegio di Islington North, è riuscito a farsi eleggere come indipendente nonostante l'opposizione della macchina del suo ex partito. La sua presenza alla Camera dei Comuni sarà una sfida costante per Starmer, rappresentando l'ala più a sinistra del partito.

Anche i nazionalisti scozzesi dell'SNP hanno subito una battuta d'arresto, con il loro progetto referendario per l'indipendenza che ne esce così  indebolito. La loro sconfitta aggiunge un ulteriore elemento di incertezza nel panorama politico britannico, se si aggiunge i successo degli indipendentisti nord irlandesi che, al contrario, hanno buone probabilità di indire un referendum per la riunificazione con l'Irlanda e di vincerlo.

Quello registrato ieri era un risultato ampiamente annunciato a seguito del logoramento dei Tories che, dal 2010, hanno bruciato 5 primi ministri (un record per la Gran Bretagna), propiziato la Brexit con il referendum nel 2016, sono stati protagonisti di scandali come quelli delle feste a Downing Street di Boris Johnson durante la pandemia, senza dimenticare il complicatissimo negoziato per il distacco dall’Europa che ha bruciato Theresa May lasciando in eredità un’economia fragile costata la poltrona a Liz Truss dopo soli 45 giorni.

Il premier uscente Rishi Sunak ha descritto la sconfitta come un'opportunità per riflettere. È sicuramente un'opportunità enorme, pari alle dimensioni della sconfitta. 

Nel frattempo, Keir Starmer, raggiante per la vittoria, ha incontrato il monarca per ricevere l'incarico di formare il nuovo governo, e ha preso possesso della storica residenza di Downing Street, da cui in molti ritengono ripeterà le politiche inaugurate da Blair, a partire dal 1997: uno che agiva da conservatore indossando l'abito del socialista.