Il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco è intervenuto alla conferenza "The Italian Corporate Bond Market: What's Happening to the Capital Structure of Italian Non-Financial Companies?", organizzata da Baffi Carefin Bocconi e Equita.

Che cosa ha detto Visco? Che "un'economia si mantiene su un sentiero di crescita stabile se le imprese sono in grado di investire per fare evolvere rapidamente i propri modelli di attività in funzione dei cambiamenti nella domanda, nella tecnologia, nella disponibilità di risorse."

In pratica, è necessario che le imprese innovino... costantemente. E come farlo? Investendo.

"Il motore dello sviluppo di una economia è dato dalla propensione delle imprese a crescere e a innovare. A tal fine è fondamentale assicurare che le imprese operino in un contesto macroeconomico favorevole in termini di livello della pressione fiscale, funzionamento del mercato del lavoro, disponibilità di infrastrutture ed efficienza della pubblica amministrazione."

Riassunto in questi termini, l'intervento di Visco è degno di La Palice e poco interessante da riportare come notizia, se non si aggiungesse che Visco ha anche ricordato che le banche non sono le uniche che forniscono i capitali necessari agli investimenti.

Il problema dell'Italia è forse proprio qui. Infatti, quando le banche hanno dovuto chiudere i loro rubinetti causa crisi internazionale e revisione delle regole di bilancio con riassetto delle quote di NPL, il sistema produttivo italiano ne ha sofferto, perché basato su aziende medio piccole e piccolissime che non hanno potuto ricorrere a strumenti di finanziamento alternativi e hanno perso competitività, possibilità e capacità di crescita.

"Un fattore essenziale per gli investimenti è la disponibilità di risorse finanziarie per le imprese, adeguate in quantità e qualità", ha ribadito Visco.

"Per le imprese di minori dimensioni le forme di finanziamento diverse dal credito bancario non sono sempre un'alternativa praticabile, poiché i costi di accesso possono essere troppo elevati. Rilevanti barriere all'entrata sono i costi per ottenere un rating, quelli per la diffusione di informazioni standardizzate presso gli investitori, la scarsità di collaterale e i costi di acquisizione delle necessarie competenze legali, fiscali e finanziarie.

Per queste imprese la principale forma di risorsa finanziaria esterna resta dunque il credito bancario. Per quelle attualmente ai margini del mercato del credito sono cruciali strumenti pubblici quali, ad esempio,le garanzie rilasciate dall'apposito fondo per le piccole e medie imprese."

In ogni caso, "il ricorso delle imprese a finanziamenti diversi da quelli bancari è stato" comunque "favorito anche da altri interventi. La rimozione degli svantaggi di natura fiscale sulle emissioni obbligazionarie delle società non quotate ha contribuito alla crescita dei minibond. Un pur modesto incentivo alla quotazione in borsa delle imprese è risultato dai crediti di imposta sui costi direttamente connessi con l'ammissione al listino."

Ma Visco ha anche ricordato che "l'abolizione quest'anno dell'ACE (Aiuto alla crescita economica), con la legge di bilancio, rischia di andare in direzione contraria" rispetto agli aiuti offerti in passato.