Lunedì 18 marzo, la nave Mare Jonio, armata dalla Ong Mediterranea, ha soccorso a 42 miglia dalle coste libiche 49 persone che si trovavano a bordo di un gommone in avaria che stava imbarcando acqua.

In base a quanto riferito dalla stessa Ong, l'intervento è stato effettuato in conseguenza della segnalazione ricevuta dall'aereo di ricognizione Moonbird (che coopera con la Ong Sea Watch) che aveva avvistato una imbarcazione alla deriva in "acque internazionali".

"Mare Jonio - come riporta Mediterranea - si è diretta verso la posizione segnalata e, informata la centrale operativa della Guardia Costiera Italiana, ha effettuato il soccorso ottemperando alle prescrizioni del diritto internazionale dei diritti umani e del mare e in base al codice di navigazione italiano.

Attenendosi alle procedure previste in questi casi e per scongiurare una tragedia, Mare Jonio ha tratto in salvo tutte le persone a bordo comunicando ad una motovedetta libica giunta sul posto a soccorso iniziato di avere terminato le operazioni. Tra le persone soccorse, 12 risultano minori."

"Oggi - ha proseguito nella sua nota la Ong Mediterranea - abbiamo salvato la vita e la dignità di 49 persone. Le abbiamo salvate due volte: dal naufragio e dal rischio di essere catturate e riportate indietro a subire di nuovo le torture e gli orrori da cui stavano fuggendo. Ogni giorno, nel silenzio, a moltissime altre tocca questa sorte. Grazie ai nostri straordinari equipaggi di terra e di mare, alle decine di migliaia di persone che in tutta Italia ci hanno sostenuto, oggi quel mare non è stato più solo cimitero e deserto."

La Mare Jonio, dopo aver effettuato il salvataggio, ha indirizzato la prua verso Lampedusa, considerata il porto sicuro più vicino rispetto alla zona in cui è stato effettuato il soccorso, chiedendo anche all'Italia, al cui registro navale appartiene, un porto di sbarco anche in considerazione di una perturbazione in arrivo nel Mediterraneo centrale.

 


Come mostra l'immagine precedente, la Mare Jonio, martedì mattina, si trova ancorata a poche centinaia di metri dall'isola di Lampedusa, in base alle direttive ricevute dalla Guardia Costiera, per ripararsi dal maltempo.

Come ormai accade in casi analoghi, il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha già messo in atto la canea social e non solo su questa vicenda, che questa volta vede protagonista una nave italiana, per impedire lo sbarco di queste poche decine di persone nel nostro Paese.

Il ministro, oltre ad allertare i suoi sostenitori "social" del "tremendo" pericolo in cui 60 milioni di italiani potrebbero incorrere in seguito al possibile sbarco di "ben" 49 migranti, ha emanato una direttiva alle forze dell'ordine per il "coordinamento unificato dell'attività di sorveglianza delle frontiere marittime e per il contrasto all'immigrazione illegale".

La direttiva, a sprezzo della logica e, di conseguenza, del ridicolo, vorrebbe impedire l'approdo in un porto italiano di navi che abbiano migranti a bordo, perché ciò rappresenterebbe una "violazione delle leggi vigenti in materia di immigrazione", perché "privi altresì di documenti di identità e provenienti in parte da paesi stranieri a rischio terrorismo, per diffuse attività terroristiche verificatesi ed in atto in quei territori."

Come si legge da queste poche righe, chiunque dotato di un minimo di razionalità potrebbe obbiettare al ministro Salvini come sia possibile sapere a priori che i migranti a bordo di una nave non siano o meno rifugiati e quindi aventi pieno diritto di essere accolti e di chiedere asilo in Italia e, nel caso fossero privi di documenti, come si possa stabilire che provengono da paesi a rischio terrorismo... Senza parlare poi della necessità, da parte dell'Italia, di rispettare le norme internazionali relative al salvataggio di vite umane in mare.

Una nuova ennesima crisi migranti si profila all'orizzonte, ma questa volta riguarderà solo le autorità italiane.