Un'ondata di contrarietà emerge tra i giovani medici in formazione specialistica: il 70% dei corsisti in medicina generale si oppone all'ipotesi di trasformare i medici di famiglia in dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Addirittura, il 40% minaccia di abbandonare il percorso formativo se la dipendenza diventasse obbligatoria. È quanto rivela un sondaggio condotto da Fimmg Formazione, la struttura formativa della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale, su oltre 3.000 partecipanti ai corsi di specializzazione. I dati delineano un quadro allarmante, soprattutto in un contesto di carenza cronica di medici sul territorio, e sollevano interrogativi sul futuro dell'assistenza primaria in Italia.  


Numeri che Parlano: Autonomia vs. Burocrazia  

Secondo i risultati diffusi dal sindacato, solo una minoranza dei futuri professionisti considera accettabile il modello dipendente. La maggioranza teme che questo snaturerebbe i pilastri della professione: il 70% difende l'autonomia libero-professionale, considerata essenziale per preservare la flessibilità organizzativa, la personalizzazione delle cure e il rapporto diretto con i pazienti. Non si tratta solo di preferenze lavorative, ma di valori identitari.

«Ciò che i colleghi apprezzano di questa scelta è il rapporto di fiducia con il paziente, che è imprescindibile per una professione vocazionale», sottolinea Fimmg in una nota.  

Il rischio di un esodo è concreto: il 40% degli intervistati dichiara che abbandonerebbe il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale (CFSMG) in caso di obbligo di dipendenza, mentre un ulteriore 35% ammette incertezza. Numeri che, secondo il sindacato, non possono essere ignorati, specie in un momento di crisi demografica tra i medici di famiglia, con migliaia di pensionamenti previsti e difficoltà nel ricambio generazionale.  


Libera Professione vs. Modello Dipendente: Quale Futuro?  

Fimmg difende il modello attuale, basato sulla convenzione con il SSN, che garantirebbe ai medici libertà nella gestione degli orari, equilibrio tra vita professionale e privata, e adattamento alle esigenze dei pazienti. «Un sistema rigido e burocratizzato comprometterebbe questi vantaggi»,

avvertono. La proposta di dipendenza, quindi, non solo allontanerebbe i giovani, ma minaccerebbe la qualità stessa dell'assistenza, già fragile in molte aree del Paese.  

Il sindacato riconosce la necessità di riforme – come una revisione del percorso formativo e un aggiornamento dei modelli organizzativi – ma insiste che qualsiasi cambiamento debba coinvolgere chi opera quotidianamente sul territorio. «Le decisioni devono tenere conto dell'esperienza di chi lavora in prima linea, garantendo sostenibilità economica e organizzativa per attrarre nuove generazioni», si legge nella nota.  


Un Appello alle Istituzioni: Evitare gli Errori del Passato  

Il monito di Fimmg è chiaro: trasformare i medici in dipendenti rischia di peggiorare la carenza di personale, replicando gli errori di programmazione degli ultimi decenni. La soluzione, invece, passa per un rilancio dell'attrattività della professione, valorizzandone l'autonomia e modernizzandone gli aspetti critici senza stravolgerne l'essenza.  

In un momento cruciale per il ricambio generazionale, la politica è chiamata a un dialogo costruttivo con la categoria. Ignorare il dissenso dei futuri medici potrebbe tradursi in un boomerang per la sanità pubblica, già alle prese con liste d'attesa interminabili e disuguaglianze territoriali. La posta in gioco è alta: si tratta di decidere se preservare un modello che, nonostante le criticità, ancora funziona, o rischiare un collasso annunciato.



Fonte: Il Giornale della Previdenza Enpam