A quattro anni dall'approvazione della Legge 34/2020, che istituiva la figura degli infermieri di famiglia e comunità, l'Italia affronta un'emergenza senza precedenti. I numeri parlano chiaro: nel 2022 erano stati assunti solo 1.464 professionisti, contro i 9.600 previsti dalla norma. Oggi, con appena 3.000 infermieri attivi, il sistema è in ginocchio. Servirebbero almeno 25.000 unità per garantire servizi essenziali, ma il fabbisogno reale, considerando pensionamenti, dimissioni e fuga all'estero, sale a 50.000 entro il 2026. Un allarme confermato anche dall'Agenas, che nel 2023 indicava la necessità di 47.500 professionisti.
Antonio De Palma, Presidente del Sindacato Nursing Up, non usa mezzi termini: «Senza infermieri di famiglia, le Case della Comunità e le Cure Territoriali (COT) non potranno funzionare». Il problema è nazionale, ma i dati della Lombardia riflettono una criticità sistemica: a Milano sono stati assunti solo 100 infermieri territoriali contro i 900 necessari, mentre in tutta la regione mancano 9.000 professionisti tra ospedali e territorio. Situazioni analoghe si registrano in altre regioni, mettendo a rischio l'efficacia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), la cui scadenza è fissata al 31 dicembre 2026.
I ritardi nell'attuazione del PNRR aggravano la crisi. Il Governo punta a potenziare la sanità territoriale, ma senza infermieri specializzati gli obiettivi restano irraggiungibili. «Nelle trattative contrattuali si propone l'assistente infermiere come figura surrogata, ma non ha le competenze necessarie», denuncia De Palma. Il Nursing Up chiede un inquadramento contrattuale specifico per gli infermieri di famiglia, fondamentali per prescrizioni farmacologiche, prevenzione e gestione di cronicità.
Mentre l'Italia arranca, altri Paesi europei dimostrano come integrare con successo questa figura. Nel Regno Unito, Svezia e Spagna gli infermieri di famiglia sono pilastri del sistema da anni. In Scozia, dal 2000, il Family Nurse opera con formazione avanzata e poteri di prescrizione, riducendo ricoveri e migliorando l'assistenza cronica. «Siamo in forte ritardo. Senza investimenti, falliremo il PNRR e abbandoneremo i pazienti», avverte De Palma.
La posta in gioco è alta: senza un piano straordinario, la sanità territoriale rischia il tracollo. «Servono 50.000 infermieri entro tre anni. Il Governo agisca subito: il PNRR è l'ultima chance», conclude De Palma. Il tempo stringe, le risorse ci sono, ma occorre volontà politica per trasformare i fondi europei in servizi concreti. Senza interventi immediati, il diritto alla salute per milioni di italiani, specialmente anziani e fragili, sarà solo un'illusione.
La carenza di infermieri di famiglia non è un problema tecnico, ma una questione di civiltà. L'Europa indica la strada, le linee guida esistono, ma serve coraggio per attuarle. La scadenza del 2026 è un countdown inesorabile: o si cambia passo, o la sanità pubblica perderà la sua battaglia più importante.