Matteo Renzi con la riforma approvata nel cdm per una “buona scuola”, ma con un disegno di legge “inemendabile”, e che a “mezzogiorno di fuoco” del 9 luglio 2015, in un putiferio di presenti, votanti, astenuti, maggioranza, favorevoli, contrari…, tipico della “democrazia”, come “previsto”, è “legge (Legge 13 luglio 2015, n. 107), pare che continui a non piacere a nessuno. Prosegue con un occhio solo il suo cammino partito dalla sottrazione di centralità e poteri al Parlamento, amplificato dalle riforme poste in campo e concretizzato nel Jobs Act del mondo del lavoro in generale e in particolare di quello della Scuola. Ma quel “Nessuno”, i cinque sindacati più significativi, sebbene fatalmente uniti, non hanno la capacità di Ulisse di abbattere il ciclope non molto democratico.

Comunque la Flc Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals e Gilda motrice, come un trenino in festa, dopo aver girato intorno a un tavolo si sono a suo tempo sedute contro il ddl a Roma: 400 delegati Rsu da tutta Italia con Pantaleo, Scrima, Di Menna, Nigi, e Di Meglio della Gilda per i quali la questione primaria è il lavoro: “La questione dei precari va stralciata dal disegno di legge, e affrontata con un serio piano pluriennale di stabilizzazione; su questo tutti i segretari ritorneranno a dare battaglia. Non si deve lasciare fuori nessuno, tantomeno i grandi assenti di questo piano, gli Ata”. E per nessuno si intendono anche e in specie i precari dal destino incerto, chi a coprire il turnover, chi destinati al cosiddetto “organico funzionale”; quello che la Boscaino del comitato Lip scuola definisce “ibrido monstrum extracontrattuale” con chiamata per 36 mesi, e “mansionario da tuttologo e tuttofare”. Dall’altra parte del tavolo la senatrice Puglisi de PD, Giordano del Sel, Marsilio FI, tutti onorevoli, senza dimenticare Silvia Chimienti del M5S.

Secondaria, ma mica tanto, è quella del potere che il disegno di legge vorrebbe dare al dirigente, non solo relativo alla chiamata diretta e gestione del personale ma anche alla valutazione del docente e attribuzione del salario con un parziale concetto di premialità. Per il preside “dittatore”, perdendo il collegio dei docenti prerogativa di didattica, e il consiglio d’istituto ogni sovranità, addiverranno a “corte” solo consultiva dei suoi desideri.

E, dulcis in fundo, è quella dell’arruolamento dei “prof con la carta”, che è poi il secondo punto dei dodici della “Buona scuola di Renzi” che, come i Dieci Comandamenti, dall’alto siffatta recita: “40 mila giovani qualificati nella scuola fra il 2016 e il 2019. D’ora in avanti si diventerà docenti di ruolo solo per concorso, come previsto dalla Costituzione. Mai più ‘liste d’attesa’ che durano decenni”. Il proposito è buono, e bene il rispetto della Costituzione ogni tanto. Quello che non è bene è il metodo dei concorsi in generale, basato su parametri neurologici di capacità mentale piuttosto che intellettuali di morale e dedizione, nella migliore delle ipotesi. L’esito delle assunzioni, concorsuali o non, è stato comunque ad oggi un esercito docente, con stipendi di tutto riguardo, che non ha saputo o voluto insegnare onestà, socialità e generosità vera a una nazione oggi per questo sofferente. E che il ciclope buono dei “benefits” a tutto campo vuole premiare anche con una card da 500 euro “per andare a teatro, a sentire un concerto, a vedere l’opera…” magari, perché no? anche una partita di football… Come una bella “élite” ben allineata…

Tra Polifemo cieco e furente che ha già divorato gran parte del Senato e forse anche i “bambini”, e un Ulisse rapito da sirene, capace solo di lancio di matite e pennarelli contro il Ministero dell’Istruzione, quale il destino della scuola e il nostro?

 

Giovanni Esaltato

07/08/2015