Anche lo scorso fine settimana si sono svolte in Bielorussia manifestazioni di protesta contro Alexander Lukashenko. Sabato e domenica a Minsk, la capitale, erano almeno in 100mila a chiedere le dimissioni del presidente in carica per essere stato eletto il 9 agosto scorso con elezioni truffa. Come era accaduto nelle settimane precedenti, anche questa volta la polizia ha effettuato numerosi arresti - 744 secondo fonti governative - nonostante che in piazza vi fossero, ancora una volta, donne e bambini.

Non riuscendo a convincere le opposizioni con violenze e arresti e vedendo traballare la propria leadership anche per le critiche della comunità internazionale, Lukashenko questo lunedì è volato a Sochi dove ha incontrato Putin, in modo da ribadire il sostegno che il presidente russo gli aveva già dichiarato in precedenza con il possibile invio di forze militari a protezione del regime.


Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato che i temi dell'incontro avrebbero riguardato la cooperazione energetica, quella economica e alcune questioni internazionali, senza la firma di accordi e senza una conferenza stampa riassuntiva.

Di pratico, vi è però il prestito da 1,5 miliardi di dollari che Putin ha concesso alla Bielorussia e la conferma che la cooperazione tra i due Paesi in materia di difesa continuerà, tanto che un'esercitazione militare congiunta sta iniziando vicino alla città di Brest, dove i russi hanno inviato alcuni reparti di paracadutisti.

Per i leader dell'opposizione in esilio, perché quelli rimasti nel Paese adesso sono tutti in carcere, Lukashenko sta cercando di svendere l'indipendenza della Bielorussa alla Russia in cambio del sostegno di Putin. Sviatlana Tsikhanouskaya, che è stata la vera vincitrice delle elezioni e adesso è rifugiata in Lituania, ha dichiarato che nessun eventuale accordo raggiunto a Sochi tra Lukashenko e Putin potrà mai essere riconosciuto in futuro.