CASERTA. “Ammiro la forza morale di quest’uomo che ha dimostrato di essere un tenace credente; egli ha sperimentato, da innocente, la più dura delle esperienze umane qual’ è quella di essere ristretto in una cella e di perdere la libertà e la dignità.”
Così, padre Ibrahim Faltas, Vicario Custodiale di Gerusalemme, nonché Mediatore di Pace in Medio Oriente per Bolla Papale, nel complimentarsi con l’amico Raffaele Crisileo dopo aver letto il libro-diario del sottufficiale dei Carabinieri, dal titolo “Vittima innocente”, – caso umano in cui Crisileo è stato interessato in duplice veste: da avvocato, infatti, ha assistito lo sfortunato militare fino al raggiungimento della sua assoluzione, che da scrittore, in cui ha sintetizzato, con perizia tecnica e rilevante spessore umano, la affliggente esperienza giudiziaria.
Un libro tra racconto e cronaca di una vera e propria odissea giudiziaria durata quattordici anni, e che conta tre processi e quattro interminabili anni di carcere. Lungaggini ormai non più accettabili. Un fatto di giustizia triste e doloroso, terminato, come risaputo, con l’assoluzione del sottufficiale dei Carabinieri, in sede di revisione e la sua reintegrazione nel grado.
Quando a Caserta nel Settembre scorso ho conosciuto il maresciallo Bolognese, nel corso di una mia recente visita in Italia, - ha raccontato il frate francescano egiziano, Ibrahim Faltas - Alfonso mi ha espresso il vivo desiderio di essere ricevuto in forma privata da Papa Francesco, “perché – ha detto – questo avrà per me l’effetto di una rinascita della mia esistenza, stravolta dalla lunga ed ingiusta detenzione subìta”. Questa sua aspirazione mi ha profondamente colpito, segnandomi profondamente nello spirito. Spero che questo suo desiderio possa trovare accoglimento in così alte sfere e il suo sogno essere realizzato dal Santo Padre.Questo suo desiderio mi ha riportato ad un passaggio del libro in cui Bolognese narra i momenti di serenità provati nel carcere, allorché, scendendo una scala, aveva modo di scorgere, da una finestra, una croce posta all’esterno del penitenziario: quella vista – così nel libro - gli dava la forza di sopportare quella immensa ferita inferta alla sua dignità di uomo e gli infondeva la forza di non provare alcun rancore verso coloro che avevano sbagliato. Questo - conclude Padre Ibrahim - è, senza dubbi, il sentimento del vero cristiano, da prendere ad esempio: mai perdere la Speranza e la Fede perché, alla fine, c’è sempre “Chi” ci indicherà la strada da seguire per farci risorgere”.