Francesco Zaffini, presidente della Commissione Salute del Senato ed esponente di Fratelli d'Italia, ha espresso forti perplessità sull'ipotesi di rendere i medici di medicina generale dipendenti pubblici del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), avanzando invece una soluzione alternativa per affrontare la carenza di personale sul territorio. In un'intervista ad Affaritaliani.it, ha sottolineato come la proposta di dipendenza pubblica, sollecitata da alcuni presidenti di Regione, non sia necessariamente la risposta più efficace alle criticità del sistema.
Secondo Zaffini, la chiave risiederebbe nel potenziare le risorse già disponibili, incrementando il monte ore dei servizi sanitari regionali attraverso meccanismi flessibili. "Penso che la soluzione si possa trovare nelle pieghe dell'attuale sistema, ad esempio aprendo al convenzionamento orario in aggiunta a quello per quota capitaria", ha spiegato. Questo approccio consentirebbe di coprire maggiori ore di servizio, soprattutto per attività come le vaccinazioni, le case di comunità e altri interventi territoriali, senza stravolgere lo status professionale dei medici.
Il tema è al centro del confronto tra il ministro della Salute Orazio Schillaci e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che nei prossimi giorni definiranno la posizione del governo. Zaffini ha ricordato che la libera professione per i medici di base è una peculiarità italiana e britannica, mentre nel resto d'Europa i professionisti sono dipendenti statali. Una differenza radicata nell'architettura del SSN, nata 45 anni fa, e che oggi genera un acceso dibattito tra conservazione del modello attuale e esigenze di modernizzazione.
Alcuni presidenti di Regione, tra cui Francesco Rocca nel Lazio, chiedono interventi urgenti per colmare il deficit di ore lavorative nei servizi sanitari, senza però insistere sulla dipendenza pubblica. "Rocca sostiene che l'importante non è lo status del medico, ma garantire più ore per rispondere ai bisogni dei cittadini", ha precisato Zaffini. Tuttavia, il senatore ha evidenziato le resistenze della maggior parte dei medici già operativi, contrari a diventare dipendenti statali. "Chi è già formato e lavora sul territorio ha sviluppato una sensibilità particolare verso la libera professione", ha osservato, aggiungendo che i neo-laureati sono invece più propensi a un rapporto di lavoro pubblico. Un altro elemento da considerare è il cambio demografico della categoria: se decenni fa era prevalentemente maschile, oggi è a maggioranza femminile, con esigenze di conciliazione vita-lavoro diverse.
Zaffini si è detto convinto che si arriverà a una mediazione, ma ha invitato a non sottovalutare le richieste dei medici. "Si tratterebbe di un forte cambiamento di paradigma. Bisogna preparare la categoria, ascoltando sia le esigenze delle Regioni sia le legittime preoccupazioni dei professionisti", ha concluso.
La sfida, dunque, è trovare un equilibrio tra flessibilità organizzativa, sostenibilità del sistema e tutela di una professione in trasformazione. Mentre il governo valuta la strada da intraprendere, il dibattito resta aperto tra innovazione e tradizione, in un settore cruciale per la tenuta del welfare italiano.