"Accolgo con grande soddisfazione la proposta di lista UE Paesi sicuri di origine presentata dalla Commissione europea e che ricomprende, tra gli altri, anche Bangladesh, Egitto e Tunisia.Ritengo altrettanto positiva la proposta di anticipare l’entrata in vigore di alcune componenti del Patto Migrazione e Asilo, in particolare la possibilità di designare Paesi sicuri di origine con eccezioni territoriali e per determinate categorie e di applicare il criterio del 20%. Si tratta infatti di fattispecie che consentono di attivare le procedure accelerate di frontiera ai migranti che arrivano da determinate Nazioni, come previsto dal Protocollo Italia-Albania.È un’ulteriore conferma della bontà della direzione tracciata dal Governo italiano in questi anni e del sostegno di sempre più Nazioni europee. L’Italia ha svolto e sta svolgendo un ruolo decisivo per cambiare l’approccio europeo nei confronti del governo dei flussi migratori. Se oggi anche in Europa ci si pone come priorità la difesa dei confini esterni, il contrasto all’immigrazione irregolare di massa, il rafforzamento della politica dei rimpatri e l’attuazione di partenariati paritari con i Paesi di origine e transito, lo si deve per buona parte alla determinazione e alla caparbietà dell’Italia. I fatti dimostrano che avevamo ragione e che siamo sulla buona strada".

Questo è quanto ha dichiarato oggi Giorgia Meloni in una nota diffusa da Palazzo Chigi, accompagnata da una foto sorridente della premier, per far credere agli italiani che le deportazioni in Albania tentate e messe in atto dal governo abbiano una qualche parvenza di legalità... visto che è comunque impossibile trovarne il senso e la logica.

La "proposta" della Commissione Ue è probabilmente il frutto di una qualche trattativa "do ut des" con von der Leyen collegata forse anche alla visita di Meloni a Washington, dove l'underdog della Garbatella si recherà nelle prossime ore per "baciare il culo" al suo mentore e nuovo protettore, Donald Trump.

Naturalmente, qualsiasi valutazione legale sulla questione è rimandata alla Corte di Giustizia che è stata investita del caso e che a breve dovrà esprimersi al riguardo.

Per i (post) fascisti che pendono dalle puttanate che di ora in ora i loro beniamini vomitano dai rispettivi profili social, questo è un promemoria delle principali violazioni dei diritti democratici che vengono messe in atto in Tunisia, Egitto e Bangladesh, definiti PAESI SICURI:

 
Tunisia
 
Arresti Arbitrari e Repressione del Dissenso.
Sotto la presidenza di Kais Saied, il governo ha regolarmente utilizzato arresti arbitrari come strumento per zittire voci critiche e oppositori politici, compresi giornalisti, attivisti e leader della società civile. Questi arresti avvengono senza adeguate garanzie processuali e spesso si basano su accuse vaghe come quella di “diffondere notizie false” o “minacciare la sicurezza dello Stato”. 

Uso di tribunali militari per civili.
L’impiego di tribunali militari per processare cittadini – come nel caso dell’attivista Chaima Issa, condannata per "aver minacciato la sicurezza dello Stato" – è un chiaro abuso che mina il diritto a un equo processo

Condanne e repressione dei giornalisti.
Numerosi giornalisti sono stati condannati a pene detentive (ad esempio, Mourad Zghidi e Borhan Bsaiss condannati a un anno di carcere per aver espresso commenti critici) e atti intimidatori sono diventati all’ordine del giorno.

Censura e autocensura.
La retorica statale e l’azione giudiziaria intimidiscono sia i media che i cittadini, inducendoli ad autocensurarsi per timore di ripercussioni, minando così un’informazione libera e indipendente.

Repressione mirata ai candidati dell’opposizione.
La detenzione di uno dei pochi candidati presidenziali (Ayachi Zammel) e altre misure repressive in vista delle elezioni sono state viste come tentativi deliberati di frenare l’opposizione politica e manipolare il panorama elettorale. 
 

Egitto

Detenzioni e Torture sistematiche.
Arresti di massi e trattamenti disumani. In Egitto, le forze di sicurezza hanno impiegato arresti di massa e pratiche di tortura contro oppositori politici, attivisti dei diritti umani e giornalisti. Queste operazioni sono frequentemente giustificate con accuse vaghe o leggi anti-terrorismo che vengono applicate in maniera discrezionale per reprimere qualsiasi critica o dissenso.

Detenzione senza processo.
In molti casi, i detenuti sono trattenuti senza adeguata assistenza legale o senza che vengano rispettati i diritti minimi garantiti da un giusto procedimento, contribuendo a un clima di terrore e intimidazione.

Limitazioni alla Libertà di Riunione e di Espressione.
Le proteste pacifiche sono state represse brutalmente, con l’uso della forza (persino letale), arresti arbitrari e l’imposizione di restrizioni che impediscono la libera mobilitazione della società civile.

Controllo dei media e censura.
Le autorità hanno anche attivato pratiche di censura sui media e limitazioni nell’accesso a Internet, spesso con giustificazioni di sicurezza, ma che in realtà contribuiscono a sopprimere il dissenso.

Violazioni nei confronti dei migranti e rifugiati.
Oltre alla repressione politica, l'Egitto ha mostrato un comportamento preoccupante nei confronti di migranti e rifugiati, incluse deportazioni arbitrarie senza verifica dei diritti all’asilo e condizioni inumane nei centri di detenzione, colpendo ulteriormente i diritti fondamentali di questi gruppi vulnerabili.

Poi, possiamo aggiungere i casi Giulio Regeni e Patrick Zaki.
 

Bangladesh

Uso eccessivo della forza e massacri.
Durante le proteste degli studenti contro le quote per incarichi governativi – che ha portato alla cosiddetta "Rivoluzione di luglio" – le forze dell’ordine (polizia, RAB, BGB e gruppi affiliati al partito al potere) hanno utilizzato misure estremamente violente. Centinaia di manifestanti, inclusi molti studenti e minori, sono stati uccisi (stime che variano da centinaia a oltre 1.500 morti) a causa di sparatorie, lanci di gas lacrimogeni e cariche con manganelli. 

Criminalizzazione del dissenso.
L’uso letale della forza ha rappresentato una chiara violazione del diritto, elemento fondamentale di ogni sistema democratico.

Detenzioni di massa e torture. Migliaia di studenti, attivisti, giornalisti e cittadini sono stati arrestati in campagne di repressione, spesso detenuti senza un processo equo o sottoposti a pratiche di tortura e abusi durante il periodo di custodia. Le detenzioni hanno interessato anche leader e coordinatori di movimenti, spesso trattenuti per giorni o settimane senza trasparenza giuridica.

Blocchi informatici e censura.
Per impedire la diffusione di informazioni e coordinare la protesta, il governo ha imposto blackout di Internet e restrizioni sui social media, limitando drasticamente la libertà di espressione e informazione.

Crisi costituzionale e manipolazione elettorale.
Dopo la rivolta, il governo ha sfruttato misure d’emergenza, sciogliendo il Parlamento e instaurando un governo ad interim guidato da una figura non eletta (Muhammad Yunus) in circostanze controversie, sollevando gravi dubbi sulla legittimità del processo democratico e la separazione dei poteri.

Interferenza e politica giudiziaria.
Il sistema giudiziario è stato utilizzato come strumento politico per perseguire oppositori e giustificare l’uso della forza contro i manifestanti, con processi farsa e accuse multiple che hanno mirato a criminalizzare il dissenso.
 


Riassumendo... In Tunisia, il regime di Kais Saied ha trasformato lo Stato in una sorta di prigione politica, dove arresti arbitrari, repressione dei media e processi militari vengono usati per eliminare ogni forma di dissenso. In Egitto, il governo continua a impiegare misure brutali contro oppositori e attivisti, con ampie pratiche di detenzione arbitraria, tortura e censura che limitano drasticamente la libertà di riunione e di espressione. In Bangladesh, la violenza statale durante le proteste studentesche, associata a una repressione giudiziaria e alla manipolazione dei processi elettorali, rappresenta una delle più gravi violazioni della democrazia, con l’uso eccessivo della forza e una sistematica intimidazione del dissenso.

Queste violazioni non solo minano i diritti fondamentali dei cittadini di ciascun paese, ma compromettono anche la stabilità politica, la partecipazione civile e la credibilità delle istituzioni democratiche a livello internazionale. Gli osservatori internazionali e le organizzazioni per i diritti umani hanno ripetutamente condannato tali abusi, esortando le autorità a rispettare i principi di giustizia, trasparenza e responsabilità... nonostante ciò la Commissione Ue pretende di far passare Bangladesh, Egitto e Tunisia come Paesi sicuri. E Meloni esulta.

Queste "proposte" sono un insulto all'intelligenza delle persone "normali": fare carta straccia dei diritti per compiacere le vergognose politiche anti-migranti dei post/neo nazifascisti d'Europa (che si fanno chiamare, sovranisti, patrioti o conservatori) è un'indecenza che non è più possibile sopportare.