L'informazione giornalistica è allarmistica e non da tregua. Usare le parole giuste è importante per tranquillizzare chi è spaventato. Il ruolo di noi adulti è abbassare il senso di minaccia sul “qui ed ora” spiegando che il mondo sta lavorando per fermare il conflitto. E che anche noi possiamo essere utili in tal senso.
A Domodossola nasce una interessante iniziativa: "Le scuole di Domodossola INSIEME". Kennedy, Milani, Floreanini, Marconi-Galletti-Einaudi, Spezia. Insieme per riflettere sul valore assoluto della pace.
È il ministro Bianchi che sollecita la necessità di fermarsi ed è il Papa che ha proclamato il mercoledì (delle ceneri) per chiedere il dono della pace.
E non potevamo certo sottrarci.
Ogni scuola caratterizzerà la riflessione a proprio modo: disegni, poesie, lavori di gruppo, musica, collegamenti streaming, manifestazioni in piazza.
L'idea di un segno unitario ha un grande significato:
Siamo INSIEME perché solo INSIEME si cambia, INSIEME si cresce, INSIEME si traccia il cammino.
(dalla pagina Facebook Direzione Didattica 2° Circolo Domodossola https://www.facebook.com/D.D.Circolo2Domo/)
"Una risposta comune, un’idea partita dalla Dirigente delle scuole medie e subito accolta da tutti, perché anche piccoli gesti fanno la differenza. Dai più piccoli ai più grandi, tutti insieme per dire no alla guerra, ora e sempre". (Nicoletta Montecchi - Dirigente)
Usare le parole giuste è importante per tranquillizzare chi è spaventato
"Tanti genitori mi stanno scrivendo dicendo che i propri figli sono spaventati dalle notizie relative alla guerra." Così Alberto Pellai su Famiglia Cristiana “Come facciamo a spiegare anche questo ai nostri figli, ora, dopo due anni in cui abbiamo provato a tenere in mano il timone della nostra vita dentro alla tempesta del covid?”. Più o meno tutti stanno domandandosi che senso ha rassicurare un bambino sul proprio futuro quando da mesi la vita sembra un campo minato in cui ogni passo che fai, sembra mettere a rischio il tuo senso di protezione e sicurezza.
In effetti, Covid prima e guerra subito dopo rischiano di trasmettere a chi sta crescendo l’idea che il mondo non sia un luogo sicuro in cui nascere e crescere. E che dietro l’angolo c’è sempre una minaccia che ti attende e che è lì, pronta a farti lo sgambetto, mentre tu muovi i passi verso il tuo futuro.
La complicanza, oggi, è che tutto questo diventa una narrazione globale che non dà mai tregua. Ogni canale tv, in ogni momento, fa entrare la guerra in casa. È come se tutti fossimo al centro degli eventi senza possibilità di distanziarli dalle nostre vite, sperimentando una dimensione di immersione continua in un qui ed ora che è senza fine. Sia chiaro: è fondamentale essere partecipi, consapevoli e aggiornati su tutto, ma ciò che probabilmente non dà tregua ai bambini è la sensazione di vivere sempre sotto assedio.
Il ruolo di noi adulti, in questo caso, è quello di abbassare il senso di minaccia sul “qui ed ora” fornendo loro una visione chiara di come tutto il mondo al momento stia lavorando con la seria intenzione di fermare la guerra. Mentre facciamo questo lavoro che potremmo definire di “geolocalizzazione emotiva” (ovvero comunichiamo che sta succedendo qualcosa di molto grave in un’altra parte del mondo e che tutt’intorno al luogo del disastro le diplomazie internazionali stanno attivandosi per coalizzarsi e fermare l’estendersi della minaccia e del pericolo in ogni modo possibile), mostriamo ai nostri figli anche tutto il lavoro che viene fatto per proteggere e mettere in salvo i bambini che vivono nella zona di guerra. Per esempio, possiamo condividere con loro le notizie che mostrano come ci si stia occupando di realizzare corridoi umanitari proprio per portare in salvo i bambini ucraini che raggiungeranno le nostre nazioni.
Questo genere di notizie ha molto impatto sui nostri bambini per due motivi: li fa identificare con soggetti simili a loro che sono percepiti in pericolo e al tempo stesso fa toccare loro con mano che il nostro territorio è al momento il luogo in cui si vive al sicuro (se altri bambini in pericolo vengono portati nella nostra nazione, vuol dire che dove abito io si è protetti). In tal modo si permette ai bambini di ricollocare i fatti in un luogo reale: la guerra è altrove e dove abito io possiamo fare tante cose per aiutare chi è in pericolo. Questo secondo messaggio è pure molto importante". (Alberto Pellai - Famiglia Cristiana)