Il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, l'11 aprile dichiarava di aver avuto "il piacere di incontrare numerosi imprenditori durante il Consiglio generale di Confindustria al Salone del Mobile di Milano" e di aver "parlato loro di quanto abbiamo già fatto, ma soprattutto di quanto ancora vogliamo fare per far crescere l'Italia".

Questo sabato Di Maio era "a Torino con Chiara Appendino per presentare la Casa delle Tecnologie Emergenti. 7 milioni e mezzo di euro per la creazione di un incubatore di startup dedicate ad automotive, aerospaziale, telecomunicazioni e robotica."



Perché queste premesse? Perché dopo un anno dal suo insediamento al ministero dello Sviluppo, i risultati dell'impegno da lui profuso insieme agli altri ministri competenti sono riassunti nella dichiarazione che la multinazionale Fujitsu ha inviato questa settimana all'inserto tecnologico del Corriere della Sera, in relazione alla sua presenza in Italia:

"Il 4 marzo abbiamo annunciato che concentreremo le nostre risorse dirette nei mercati che più supportano la nostra idea di crescita basata sui servizi ad alta tecnologia. ... Il nostro piano avrà un impatto su entrambe le sedi. ... L'azienda è comunque interessata a mitigare l'impatto sociale di questo cambiamento attraverso il dialogo con i sindacati e le autorità competenti".

In dettaglio, la multinazionale giapponese Fujitsu, che opera nel settore della fornitura ad alta tecnologia alle imprese (dall'IA all'IOT, cioè dall'intelligenza artificiale all'internet delle cose), ha annunciato di chiudere le proprie sedi in Italia e di aver avviato le procedure di licenziamento dei suoi 200 dipendenti di Milano (150) e Roma (50).

Per quale motivo? Perché l'Italia, assieme a Grecia e Repubblica Ceca, non è più un Paese giudicato "attrattivo" per il settore di competenza dell'azienda, mentre continuano ad esserlo Francia e Germania, oltre a Spagna e Portogallo!

Il piccolo fatto sopra riportato, che ha comunque gravi conseguenze per le persone interessate, è in palese contraddizione con il presunto attivismo del ministro Di Maio nel promuovere la crescita del Paese, a ulteriore dimostrazione di quanto siano divergenti tra loro le strade di realtà e propaganda.