Nei "leaks" ricevuti dal Guardian sulle attività di lobbying messe in atto da Uber per promuovere il proprio sevizio nelle varie nazioni, vi è anche l'Italia dove dal 2014 al 2016 era stata avviata  quella che veniva definita "Operation Renzi", che aveva l'obiettivo di agganciare e condizionare l'allora presidente del consiglio e alcuni ministri e parlamentari del Pd.

Nelle mail dei manager americani, manco a dirlo, Matteo Renzi viene definito "un entusiastico sostenitore di Uber", come riporta l'Espresso, che ci informa anche che per avvicinare l'allora capo del governo italiano la multinazionale ha utilizzato, oltre ai propri lobbisti, personalità istituzionali come John Phillips, in quegli anni ambasciatore degli Stati Uniti a Roma.

In diverse occasioni, anche pubbliche, Renzi ha in effetti sostenuto che Uber era "un servizio straordinario" e uno degli uomini più vicini a lui negli anni di Palazzo Chigi, Gabriele De Giorgi, nel 2016 è diventato il public policy manager di Uber, cioè il raccordo tra l'azienda e il mondo istituzionale. 


In uno dei documenti è scritto - testuale - che Uber avrebbe "ottenuto il sostegno di figure potenti in Italia offrendo loro preziose partecipazioni finanziarie nella startup e trasformandole in investitori strategici".

Che Matteo Renzi, visto che lui stesso si vanta di essere un  politico multifunzione (oltre che senatore anche scrittore, conferenziere, consulente, mediatore, finanziere, e chi più ne ha più ne metta...), possa essere il candidato perfetto, come politico, nell'aver supportato il radicamento di Uber in Italia, è più che credibile, anche se questo non significherebbe che avesse commesso qualche irregolarità.

Renzi, contattato dall'Espresso per chiarire la sua posizione, ha spiegato di non aver "mai seguito personalmente" le questioni dei taxi e dei trasporti, che venivano gestite "a livello ministeriale, non dal primo ministro". Renzi ha inoltre confermato di aver incontrato più volte l'ambasciatore Phillips, ma non ricorda di aver mai parlato con lui o con altri lobbisti americani di Uber, aggiungendo che il suo governo non ha approvato alcun provvedimento a favore dell'azienda americana.

Poi ci sarebbero anche i rapporti tra l'allora consulente di Uber Jim Messina e Renzi. Nel gennaio 2016, secondo una mail, Messina ha incontrato Renzi dopo essere stato "informato in dettaglio" dalla società americana sulla proposta di legge di riforma del settore presentata in Italia e sugli emendamenti che Uber avrebbe voluto far approvare. Un portavoce dell'ufficio di Renzi, su questo tema, ha detto che l'attuale senatore non crede di aver mai parlato a Messina di Uber, ma che se mai fosse stato "toccato l'argomento in una conversazione", questo sarebbe stato solo "come un argomento secondario".

A proposito. Il caso vuole che la super renziana Teresa Bellanova, viceministra per Infrastrutture e Mobilità Sostenibili, oltre che presidente e senatrice di Italia Viva, si stia occupando in questi giorni di una riforma del settore che riguarda tassisti e ncc. Con queste premesse, i più sinceri complimenti nel caso riuscisse ancora a presentarsi ai sindacati come coordinatrice tra esigenze degli utenti e interessi degli operatori del settore.