11 dicembre 2006. Siamo al nord, alta Padania. Raffaella Castagna,  trentenne  di famiglia abbiente (padre imprenditore, tutti ferventi cattolici), impegnata nel sociale,  incappata in un tunisino di qualche anno più giovane, con un suo fosco fascino, Azouz Marzouk, lo ha sposato nel 2003, alla presenza di pochi amici. I due hanno un bimbo di due anni, Youssef e vivono in  una palazzina plurifamiliare, che dà su una corte di piccoli condomini similari. Tutto è tranquillo, in ordine, rassettato.

Ci dicono che qualcuno è entrato in casa, uccidendo barbaramente, in un agguato, Raffaella, sua madre e il bambino, appena rientrati nell’abitazione, una vicina accorsa alle grida, Valeria Cherubini, praticamente sgozzata sotto gli occhi del marito Mario Frigerio, che a sua volta stava sopraggiungendo: questi viene ferito, ma si salva perché creduto morto. Dopo la strage, qualcuno ha appiccato un debole fuoco, che verrà estinto senza gravi conseguenze dai pompieri, chiamati dai vicini: insospettiti, inizialmente, solo dal fumo. 

Olindo e Rosa: a loro modo un’icona. Li hanno descritti chiusi in un loro mondo, blindatissimo perfino per i parenti stretti. Le coppie consolidate, in realtà, fanno spesso muro, anche se non sempre in modalità così maniacale. E’ probabile che in quella corazzata di diffidenza la giovane famigliola multietnica avesse aperto una falla. Fatto sta che i dissidi erano all’ordine del giorno: liti, reciproche denunce, minacce, smanacciate tra le due donne.

Non va dimenticato che il matrimonio con Azouz aveva provocato un terremoto in casa Castagna. Il giovane bel tenebroso aveva (e avrà) a che fare con la giustizia per spaccio, ha fatto convertire la già cattolicissima fidanzata, e musulmano sarà anche il piccolo Youssef, quindi la coesione familiare vacilla: da una parte i  due fratelli, Pietro e Giuseppe, ostili; dall’altra papà Carlo e mamma Paola i quali, dopo la nascita del nipotino, chiudono un occhio, le hanno comprato casa, è probabile che sostengano economicamente la figlia e il genero, accentuando l’acredine tra i due schieramenti. Gira voce che, comunque, a breve i coniugi Marzouk se ne andranno a vivere in Tunisia.

La storia del processo è, tanto per cambiare, complicatissima. Il testimone chiave,  Frigerio, sopravvissuto alla moglie Valeria, rende una prima testimonianza ancora intubato in ospedale, poi tentenna in altri interrogatori, ma punta il dito contro gli imputati in aula: secondo alcuni, però, contraddicendosi su qualche circostanza. In ogni caso, più che altro parla di Olindo, non ci pare che nei suoi ricordi sia mai entrata Rosa. 

L’epico generale Garofano, con i suoi RIS, trova una traccia di sangue sull’auto dei Romano, mescolato con altro, della quarta vittima, la Cherubini; pare che i coniugi conservino qualche indumento con macchie sospette e uno di loro anche una piccola ferita a una mano. Infine, i due confessano; Rosa sarà prodiga di particolari, specialmente riguardo l’accanimento contro il piccolo.

In seguito i due ritratteranno, adducendo pressioni psicologiche, confessioni estorte o firmate già scritte, e imparate a memoria, dirottando l’attenzione su altri possibili colpevoli, ma a nulla varrà. Separati dalla Cassazione, loro che non muovevano un passo se non insieme e tubavano anche dietro le sbarre, ora scontano l’ergastolo.

Qui il racconto potrebbe chiudersi, non fosse che qualcuno ha provato a riaprirlo.

Sorgono voci mediatiche diverse; ci viene detto che la povera Raffaella le prendeva di santa ragione dal marito ed era molto infelice, tanto, pareva di capire, da aver ceduto al trasferimento in Tunisia quasi più per la vergogna del fallimento che per reale convinzione.

Inoltre, ci fanno notare, una sola macchia di sangue è troppo poco per inchiodare un indagato. Di più, la strage ne avrebbe causato spargimenti in tutto il cortile e i Romano non si sarebbero ripuliti così facilmente, mentre la loro casa fu trovata in ordine; perfino i tubi della lavabiancheria, all’uopo scandagliati, non mostravano residui ematici.

Qualche rotocalco inizia a puntare i riflettori sui fratelli Castagna, soprattutto su uno, Pietro, il quale quel giorno guidava per caso la Panda di sua madre (auto, secondo alcuni, notata nei pressi della casa della strage in orario compatibile); si parla di una polizza che, all’eventuale morte di Raffaella, avrebbe fruttato centomila euro; infine, i genitori Castagna erano sotto accusa da parte dei figli maschi per l’eccessiva arrendevolezza verso Raffaella e il continuo sostegno finanziario di cui aveva bisogno.

Dal canto suo, lo stesso Marzouk si ripresenta in scena rimestando le acque e asserendo che, in effetti, anche lui nutre dei dubbi sulla colpevolezza dei vicini (l’ora della vendetta contro i cognati?)

A quanto pare, la parola fine è arrivata e, a meno di clamorose rivelazioni o revisioni del processo causa sopravvenuti elementi di prova o nuove testimonianze, nulla cambierà.

Papà Castagna ha tenuto il consueto dignitosissimo profilo, confidando nella fede, fino alla morte. Azouz Marzouk ben presto si è rifatto una famiglia con un’italiana. 

Fin qui siamo stati freddi e imparziali. Ma molti contributi arrivati nel tempo, a un attento riesame, ci hanno fatto sbandare anche sulle logiche di base.

Raffaella viene descritta dai fratelli come una personalità dai tratti decisi, a suo modo ribelle, sanguigna nelle reazioni, pur tenendo la barra dei valori appresi in famiglia.

Azouz Marzouk ci appare incandescente, una figura difficile da trattare: alcune controversie riguardano la trattativa sulle immagini del funerale, tra lui e Fabrizio Corona (attenzione, non abbiamo da ridire su quest’ultimo, non è il tema, riferiamo) e l’insinuazione che avesse in mente una carriera nello spettacolo, dopo la tragedia.

Sua madre, dalla Tunisia, conferma che i due erano sposi felici e stavano per trasferirsi, anche per investire in un parco acquatico e nel settore immobiliare: con quali risorse?

La querelle sull’eredità era in stallo fino a poco tempo fa, non abbiamo grandi aggiornamenti, però par d’intendere che il vedovo di Raffaella abbia rivendicato la sua parte.

Il fronte a favore dei due condannati si è allargato, se si tasta la pubblica opinione. Il filmato di Rosa che “confessa” (con la bufala della violenza carnale subita da Azouz) e poi sembra cercare un cenno d’approvazione, è stato oggetto di molte interpretazioni; qualcuno ha affermato che fosse pilotata da un noto criminologo, per una difesa inizialmente impostata sull’infermità mentale. Il luogo dove sarebbe  morta la povera Cherubini, nelle narrazioni,  è stato spostato dalle scale al suo appartamento e ritorno, ancora non è chiaro. Il supertestimone che avrebbe fatto convergere i sospetti su Pietro Castagna è un oscuro tunisino trovato da Marzouk e “pizzicato” da “Le Iene”, sul quale lo spettatore nulla può acquisire di comprovato: dobbiamo fidarci.

La domanda del secolo è sempre la stessa: massacri e carneficine effettuati senza che, nel silenzio condominiale, in una tranquilla sera di fine autunno, alcuno abbia visto un movimento o sentito un fiato, ci lasceranno sempre, nonché insoddisfatti, del tutto a digiuno di una base di partenza per sviluppare tesi.

E poi, tanta tristezza, per tutti: per le vittime, naturalmente; e un poco per le storie sui Romano/Bazzi,  rifiutati perfino dalle proprie famiglie ma, ricordiamolo, fino a quel momento incensurati, cittadini modello. Se ancora conta qualcosa.