Questa è la storia di una donna che, credendo di essere amata, ha continuato a farsi insultare e picchiare dal marito, finché non ha deciso di scrivere alle istituzioni e raccontare la sua storia.

La storia di Grazia B. è una storia di violenza sulle donne. Di botte, umiliazioni e aggressioni violentissime. Nove anni di vessazioni, iniziate nel 2002 e finite nel 2011, quando questa donna salernitana trovò la forza di denunciare l’ex marito, il carnefice che la picchiava, la insultava chiamandola puttana, e ha persino tentato di strangolarla.

«Inizialmente pensi che accettare tutto sia la soluzione migliore per superare i problemi e le ingiustizie, praticamente un adattarsi per non soccombere. Pensi che possa essere la soluzione giusta per sopravvivere ad un’esistenza ingiusta che premia i disonesti e i malvagi, ma poi ho capito che se ti abitui ad un’ingiustizia diventi ingiusto anche tu. Ed io non ci sto», aveva raccontato al quotidiano La Città di Salerno.

Per sette anni Grazia Biondi ha lottato contro la prescrizione per far sì che nei confronti dell’ex marito si arrivasse almeno a una condanna in primo grado. Ma quando di quella sentenza – arrivata al termine di un processo lungo e difficile, iniziato dopo due anni di rinvii – ha letto le motivazioni, che argomentano una pena di soli 10 mesi rispetto ai tre anni chiesti dal pubblico ministero, non poteva crederci.

«È incensurato, le condotte appaiono causate anche da una forte incompatibilità caratteriale con la parte offesa che ha finito per scatenare l’indole violenta, comunque latente nell’imputato, e il tenore di vita che i testi della difesa hanno delineato (viaggi, crociere e vacanze), le continue riconciliazioni tra i due (di cui ha dato atto anche la signora Biondi) hanno tuttavia reso la condizione di afflizione della parte offesa meno drammatica», si legge.


QUINDI, SE UN MARITO PICCHIA LA PROPRIA MOGLIE E DOPO LA PORTA IN CROCIERA... NON È POI COSÌ TANTO GRAVE!

Motivazioni che fanno gelare il sangue. Il primo inquietante messaggio che trapela è che, ancora una volta, la colpa è della vittima che scatena la violenza del carnefice.

Il secondo è quello che considera un’attenuante il tenore di vita di una donna picchiata e maltrattata. Tuo marito ti mena e ha cercato di strangolarti? Sì, però almeno fai la bella vita e puoi permetterti di andare in vacanza.

Questa è una sentenza che lascia senza parole e con tanta rabbia. Come si può concedere dei benefici, riconoscendo uno sconto di pena, ad una persona che per 9 lunghi anni ha umiliato e tolto ogni dignità ad una donna?