L'ultimo test missilistico che la Corea del Nord ha effettuato martedì 29 novembre ha dimostrato che Pyongyang è in grado di lanciare dei missili balistici intercontinentali che possono raggiungere e colpire l'intero territorio degli Stati Uniti, la Russia e l'Unione Europea... almeno per quanto riguarda il missile in sé.

Una precisazione non del tutto fuori luogo. Infatti, il missile che ieri è stato lanciato verso il Giappone ed è atterrato nelle sue acque territoriali ha percorso in 53 minuti un tragitto di 960 km. perché la sua parabola di lancio è stata quasi come quella di un missile che lancia in orbita un'astronave o un satellite. Infatti, il razzo nordcoreano ha raggiunto un'altitudine di circa 4.475 chilometri (oltre 10 volte quella della Stazione spaziale internazionale), una traiettoria insolita per raggiungere un obbiettivo tanto vicino.

Ma in questo modo i nordcoreani hanno potuto dimostrare che con un missile di tale potenza possono raggiungere qualsiasi obbiettivo a migliaia di km di distanza. Fonti militari statunitensi, giapponesi e coreane hanno pertanto affermato che, a questo punto, la minaccia di un missile balistico intercontinentale nordcoreano che possa raggiungere l'occidente è reale.

Ultimo dubbio riguardo al test di ieri è che cosa realmente contenesse il missile lanciato da Kim Jong Un. Infatti, il peso di una testata nucleare non è irrilevante ed il suo posizionamento all'interno di un missile balistico ne determinerebbe gettata e precisione del lancio. Quindi, ciò che molti paesi si stanno domandando è se il lancio di ieri simulasse o meno quello di un missile balistico contenente anche una testata nucleare.

L'Hwasong-15, questo il missile lanciato ieri, secondo Kim Jong Un - in base ad una dichiarazione da lui rilasciata - rappresenta il completamento del programma nucleare del suo Paese, definendolo un momento storico per la Corea del Nord.

I paesi occidentali, come di prassi, hanno iniziato la sequela di lamentele e proteste con la minaccia di ulteriori sanzioni e l'invito a trovare una soluzione politica alla vicenda. Niente di nuovo rispetto a prima, salvo una insolita moderazione del presidente Usa Donald Trump che, stranamente, non ha rilasciato le dichiarazioni da bullo di periferia cui solitamente ci ha abituati, mantenendo un profilo stranamente e incredibilmente dimesso per commentare l'accaduto.

Questo può far credere che gli Usa abbiano ormai capito che una guerra nell'area avrebbe conseguenze devastanti e imprevedibili e che i primi a non volerla sarebbero proprio gli alleati sudcoreani e giapponesi? Possibile che Trump se ne sia convinto? Possibile, ma non certo.

Nel frattempo, nella parte occidentale del Giappone, dal 28 novembre si stanno concentrando forze navali e aeree statunitensi per partecipare all'esercitazione VIGILANT ACE 18 che, annualmente, si tiene nella penisola coreana e che, quest'anno si svolgerà dal 4 all'8 dicembre ed impegnerà fino a 12.000 militari e 230 aerei a mericani. L'esercitazione prevista da tempo per quella data ha come finalità quella di garantire la sicurezza dela Corea del Sud e la stabilità nel nord est dell'Asia.