Ho seguito con molto interesse la vicenda Autostrade per l’Italia perché offriva una fattispecie da “manuale” di malcostume e di ipocrisia tipicamente italiana.
Crolla il ponte Morandi a Genova alla vigilia di ferragosto, muoiono più di quaranta persone, il traffico commerciale tra il porto e la Padania si interrompe mettendo in crisi l’intero sistema. La faccenda era veramente imbarazzante perché vi era coinvolta la famiglia Benetton che da vent’anni gestiva la rete autostradale grazie ad una concessione che conteneva condizioni estremamente vantaggiose per il concessionario e estremamente penalizzanti per lo Stato italiano ma un buon affare per i principali partiti. Precedentemente era accaduto un altro grave episodio che era costato la vita a quaranta persone ma, per loro disgrazia, erano del sud. Cosa era accaduto? Un pullman aveva perso il controllo ed era finito contro la fatiscente barriera di protezione cadendo nel vuoto mentre percorreva il viadotto di Acqualonga. La società Atlantia, dietro la quale vi è e agisce la famiglia Benetton, aveva transatto 200.000,00 euro a morto con relativa liberatoria che impediva ai parenti delle vittime ogni futura azione legale risarcitoria.
La procura di Napoli richiedeva il rinvio a giudizio di 15 funzionari, alla fine del processo di primo grado 8 di loro venivano assolti mentre gli altri 7 condannati hanno già presentato ricorso in appello. L’incidente era stato provocato dalla rottura del giunto di trasmissione con conseguente rottura dell’impianto frenante: il mezzo non era stato sottoposto a revisione obbligatoria per questo il proprietario è stato condannato a 6 anni di reclusione.
L’avvocato di grido che ha guidato il collegio della difesa, intervistato, affermava che in appello i restanti clienti sarebbero stati assolti: se il gestore del servizio di trasporto aveva delle responsabilità per aver negligentemente omesso la manutenzione, la società Autostrade lo era ancor di più per aver trascurato la dovuta manutenzione della barriera protettiva che doveva reggere all’impatto del mezzo infatti se il guardrail avesse retto all’urto come avrebbe dovuto forse non sarebbe morto nessuno. La rottura di una parte meccanica di un mezzo di trasporto, normalmente non è mai volontaria, accade quotidianamente per svariate ragioni con conseguenze talvolta tragiche per questo ci sono sistemi di sicurezza lungo tutte le percorrenze: i guardrail sono vitali soprattutto lungo i viadotti e la loro manutenzione deve essere costante e scrupolosa invece è stata trascurata per ricavarne un ignobile profitto.
Questi avvocati pagati a peso d’oro non hanno capito l’aspetto fondamentale del loro agire professionale: hanno l’obbligo di difendere a spada tratta gli innocenti che per loro sfortuna incappano in una vicenda penale, per chi è colpevole devono agire per limitar i danni ma non esimerli dalle loro responsabilità. È immorale far assolvere un colpevole utilizzando espedienti procedurali, cavilli o la prescrizione così facendo lavorano per l’ingiustizia vanificando la reale funzione dell’attività giudiziaria che è la ricerca della verità e la conseguente assunzione di responsabilità.
Atlantia proponeva e otteneva lo stesso risultato con i parenti delle vittime del crollo del ponte: 200.000,00 euro a morto e la solita liberatoria. Ma il ministro per le infrastrutture Toninelli chiedeva la revoca della concessione. La reazione dei Benetton e dei loro amici politici è stata terribile, iniziava una feroce campagna mediatica per linciare moralmente una brava persona che voleva verità, giustizia e assunzione di responsabilità da parte di chi aveva prodotto un tale scempio. L’uscita dal governo di Salvini chiudeva la carriera del Ministro fatto passare per inetto, ridicolizzandolo: Toninelli ha fatto la fine riservata a tutte le persone scomode. Non avevano però calcolato che quel crollo avrebbe scoperchiato un bel vaso di Pandora.
Ma il ministro non era solo, la procura di Genova, anche se lentamente, iniziava a muoversi, gradualmente emergevano responsabilità gravissime che coinvolgevano di fatto anche i funzionari pubblici che avrebbero dovuto controllare la corretta gestione delle infrastrutture da parte del concessionario. Durante le indagini emergevano altre gravi omissioni da parte di Autostrade S.p.A., inoltre la Gip segnalava pressioni sui C.T.U. nominati dalla Procura da parte dei consulenti degli indagati.
È di ieri la notizia che dalle indagini relative al crollo del ponte di Genova era scaturito un altro filone che aveva evidenziato problematiche relative ai dispositivi anti inquinamento acustico. I manager per evitare spese avrebbero eluso l’obbligo di effettuare i lavori di sostituzione e messa in sicurezza delle barriere fonoassorbenti montate sull’intera rete autostradale utilizzando alcuni espedienti temporanei inidonei allo scopo. Contravvenendo a quanto stabilito dalla Convenzione tra il concessionario e la controparte, gli stessi avrebbero commesso il reato di frode nei confronti dello Stato per non aver comunicato come d’obbligo all’organo di vigilanza (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) i mancati lavori di adeguamento e per aver occultato l’inidoneità e la pericolosità delle barriere che presentavano gravi errori di progettazione che mettevano in pericolo la sicurezza degli automobilisti. La Procura di Genova ha emesso provvedimenti cautelativi in base a numerose prove indiziarie contro l’ormai noto Castellucci, Donferri, Berti e tre interdizioni per tre dirigenti di Autostrade in carica.
La Procura di Genova ha fatto bene a non mandarli per una breve vacanza nelle patrie galere dando loro i domiciliari o sospendendoli dalle loro funzioni, ciò che conta è fare un bilancio del generale degrado in cui versa per la mancata manutenzione l’intera rete autostradale e provvedere affinché lo Stato possa chiedere il giusto risarcimento e glielo faccia pagare concretamente sullo stile di Kamala Harris che ha “spennato” ben bene sia le maggiori compagnie petrolifere sia la Wolkswagen per i danni che hanno fatto.
Da parte sua Autostrade comunicava che, venuta a conoscenza dell’indagine in corso a causa di un sequestro di documentazione presso la sede lo scorso 10 dicembre 2019, si era attivata immediatamente per “parare il colpo”. Il consiglio di amministrazione ha deliberato una spesa pari a 170 milioni di euro (a totale carico del gestore) per attuare entro il 2022 un programma di interventi suddivisi in tre fasi al fine di adeguare e mettere in sicurezza tutte le barriere fonoassorbenti presenti sull’intera rete autostradale: meglio tardi che mai!
Autostrade per l'Italia sta lottando con le unghie e con i denti per non perdere la gallina dalle uova d’oro. D’oro per lei e finora di piombo per noi cittadini.