I sei peggiori allenatori del Napoli.
6 - Massimo Giacomini
Nella estate del 1982 Juliano, che con Ferlaino ha un rapporto controverso già da circa 20 anni, non è più il dg. Tornerà in seguito. Ma intanto il nuovo primo dirigente è Beppe Bonetto, con Franco Janich come ds. I due riescono ad imporre a Ferlaino il tecnico che sostituirà Marchesi. È Massimo Giacomini, che tanto bene aveva fatto all’Udinese, bene al Milan in B e benino al Torino. Gioco a zona e calcio fluido. Ferlaino che ha invece sempre prediletto tecnici concreti, si starà ancora chiedendo come abbia fatto a seguire quel consiglio. Oltretutto Giacomini aveva un carattere chiuso ed a Napoli fu subito rigettato come uno che va da Nennella a chiedere il parmigiano sugli spaghetti a vongole.
Certo, anche Bianchi e Marchesi erano schivi e "musoni" , ma al contrario di loro Giacomini appariva totalmente impreparato ad una piazza incandescente come quella napoletana. Anzi, addirittura intimorito. Insomma Giacomini non era pronto per una una piazza rumorosa dove il calcio era vissuto h24.
Gli prendono Diaz, stella Argentina che lui deve solo innescare accanto a Pellegrini.
Pronti via e il Napoli si accappotta.
Fino ad una rumorosa sconfitta in casa contro la Roma con la folla imbestialita del San Paolo che lancia pietre ed un aereo con la scritta "Ferlaino vattene, Juliano torna" a volteggiare sullo stadio.
A Novembre, dopo la sconfitta di Cagliari, con un gioco che lasciava increduli per una formazione che solo due anni prima (quando sulla carta era persino più debole) lottava per lo scudetto, il Napoli su ritrovava ultimo in classifica, a pari con il Catanzaro, a - 4 dalla salvezza.
Esonero di Giacomini e formazione affidata al team Pesaola e Rambone.
Sarà una salvezza molto sofferta. Giacomini non riuscirà ad imporsi su nessuna altra piazza. Resta il ricordo di un uomo perbene, colto, sempre vestito di nero come i suoi capelli, mai sorridente, uno che aveva grandi idee ma poi faceva giocare il Napoli talmente male che non si poteva guardare. Uno che a Napoli veramente non ci ha capito nulla.
5 - Pietro Santin
Con il ritorno di Juliano, nello scegliere il nuovo tecnico, non si poteva ripetere l'errore fatto con Giacomini. Fu scelto un tecnico "a chilometro zero". Pietro Santin aveva sempre allenato in C, prevalentemente in campania. A 50 anni era divenuto il principale artefice del miracolo Cavese, portata fino alla B e capace per due anni di giocare per la Serie A giocando un ottimo calcio. Fu una intuizione di Juliano, il quale in lui vedeva un tecnico capace di far giocare bene la squadra e lanciare i giovani. Per lui si rinunció a Pesaola il quale, dopo aver salvato il Napoli, sarebbe rimasto volentieri.
Santin a Napoli, stagione 1983-84, avrebbe trovato Dirceu e poi tanti fichi secchi per farci un banchetto di nozze da Casale, a Frappampina. Si portó Caffarelli, cresciuto con lui a Cava. Avrebbe voluto un suo fedelissimo, tale Guida, libero cavese, perché Krol era infortunato al ginocchio e non assicurava un pronto recupero. Juliano gli prese Masi e questi diverrà un po' il pomo della discordia tra Santin che voleva imporlo titolare, ed invece Juliano (con Ferlaino una volta tanto d'accordo con lui), nel pretendere Krol titolare. A gennaio ‘84, per la partita con la Fiorentina, per coprirsi ulteriormente lascia fuori Rudi Krol. Lancia titolare lui, Marco Masi, inimicandosi l'olandese.
Santin deve difendersi dall’accusa di aver di fatto chiuso la carriera dell’olandese. Ma immagina che il contratto non gli sarà rinnovato e pensa di non aver più nulla da perdere. È un ottimista perché a fine campionato non ci arriva neanche. Tre sconfitte consecutive con Krol in tribuna, tra cui il derby di Avellino. Il ko interno contro l'Inter a marzo 1984 è fatale. Torna Rino Marchesi.
Il sogno di un calcio frizzante e giovane con un allenatore emergente è durato solo sette mesi.
4 - Roberto Donadoni
Reja è stato il tecnico che ha traghettato il Napoli dalla C alla A sino alla qualificazione in Europa. Ma dopo 4 anni, nel marzo 2009, il suo ciclo si poté dire chiuso. Per recuperare una situazione che vedeva il Napoli perdere posizioni in campionato, De Laurentiis chiamó Roberto Donadoni.
“Ci siamo conosciuti quattro anni fa grazie a una mia zia che è sua vicina di casa. Donadoni è il tecnico per impostare il mio secondo quinquennio da presidente”.
Praticamente diceva che lo aveva scelto da solo senza il parere dell'allora dg Pierpaolo Marino.
Alla prima a Reggio Calabria in panchina ci va con una tuta e con De Laurentiis sedutogli accanto. Finisce 1 a 1.
In seguito indosserà giacca e cravatta ma il Napoli non svolta.
Vince appena due partite (di cui una prestigiosa contro l'Inter) nelle ultime undici giornate del campionato 2009-10.
Nella stagione successiva gli si costruisce una squadra ampiamente rinnovata con Quagliarella come acquisto di punta.
Sin dalle prime uscite stagionale il suo Napoli non convinceva.
Era una buona squadra ma con equivoci tattici evidenti. Quagliarella non trovava la giusta collocazione tattica. Punta? Si e no. Forse meglio Denis in avanti e lui dietro, ed allora Lavezzi? Poi due esterni destri e nessuno di ruolo a sinistra. Donadoni provó ad adattare Zuniga con risultati disastrosi perché ovviamente ci voleva tempo. Tentó con Datolo, ma non era un esterno che per passo ed abitudine potesse coprire tutta la fascia.
Se ne lamentava incassando però la replica stizzita del Presente. «L'esterno sinistro lo comprasse lui» .
Pareva mancare la concentrazione. De Sanctis a pasticciare, Cigarini a svolgere il compitino. Spogliatoio spaccato tra sudamericani e italiani.
Due rovesci in campionato e la partita casalinga con il Siena era già decisiva per le sorti del tecnico.
De Laurentiis non fece nulla per nascondere la propria ira, soprattutto verso Donadoni e Marino: «Non possiamo andare avanti così».
Gli rintuzzó Donadoni: ««Il Presidente dice che mi ha affidato un Napoli fortissimo ma non mi pare che sia arrivata gente da Barcellona o Real Madrid»
Dopo la sconfitta casalinga contro la Roma (1-0), con sette punti in sette partite, venne esonerato, stessa sorte toccó a Pierpaolo Marino.
De Laurentiis come al solito si dichiaró spiaciuto per l'esonero: “Io e Donadoni abbiamo idee diverse”. Lui rispose diretto: “De Laurentiis è un vulcano che conosce poco il Calcio ed il nostro mondo”.
Capitò nel momento in cui De Laurentiis decise di gestire in proprio il Napoli. Il suo ingaggio ed il suo esonero erano stati decisi solo da lui. Donadoni a Napoli, per colpe sue, ebbe un passaggio a vuoto che ne avrebbe condizionato la carriera.
Il fatto poi che dopo di lui Mazzarri fece immediatamente benissimo non fece altro che dilatare le sue colpe.
3 - Andrea Agostinelli
Al secondo anno di presidenza, estate 2003, tra una messa in mora, una intimazione di pagamento ed un affannoso reperimento di liquidità , Naldi volle tentare il tutto per tutto per tornare in Serie A. Quindici acquisti e quattordici cessioni. Un girotondo di facce oramai consueto perché il Napoli si rivolgeva a prestiti e comproprietà che non era poi in grado di confermare. Il tecnico prescelto era Andrea Agostinelli. Un buon trascorso da giocatore, di passaggio (9 presenze) anche da Napoli, una carriera da allenatore di B tra Pistoiese e Ternana, un esonero in A con il Piacenza. Questo il suo curriculum. Non era certo l'allenatore che ci aspettava ma ce lo mandava direttamente il figlio di Moggi.
Il caschetto biondo non lo aveva più, ma lo sguardo giovanile non lo aveva perso. "Convincerò i Napoletani che sono l'allenatore adatto. Il mio obiettivo è portare quanti più uomini nella metà campo per innescare le punte e segnare molto". Ora, direte voi, era colpa sua se le punte da innescare, oltre un Dionigi con problemi fisici, erano Max Vieri e Gianluca Savoldi, brutte copie dei rispettivi fratello e padre? No. Inoltre i tifosi oramai della B non ne potevano più e con due punti in tre partite gia presero a contestarlo. Poi arrivó la tragedia di Avellino, con la morte di un tifoso, lo 0-3 a tavolino e 5 turni a porte chiuse in campo neutro. La morte del Napoli, praticamente. Tante cose a discolpa di Agostinelli che però ben lungi dal gioco propositivo badó innanzitutto a non prenderle, presentando una manovra della squadra in campo francamente imbarazzante. Tredici partite, una sola vittoria, una sconfitta in campo ed una a tavolino, dieci pareggi. Nel campionato dei tre punti a vittoria significava zona retrocessione. Fu sostituito da Simoni. Non fu tutta colpa sua, ma come tecnico poi non ha combinato più nulla.
2 - Giovanni Galeone
È stato il profeta del Pescara portato in A con un gioco che induceva ad essere guardato. A Napoli però il Pescara di Galeone, al primo anno di A, le prese di santa ragione con un tennistico 6-0. Ciononostante la salvezza agevole fece di lui, nativo della provincia di Napoli, uno dei papabili a sostituire Bianchi sulla panchina del Napoli. Era in voga il calcio spettacolo si Sacchi al Milan, quello di Maifredi al Bologna, magari qualcuno accarezzava l'idea di importare il modello con lui sulla panchina del Napoli. Galeone poteva essere un Sarri anni '80, chissà.. anche se conoscendo Ferlaino ho difficoltà a credere che fosse più di un pensiero effimero. Sta di fatto che la storia finí quando il Pescara al San Paolo bissó il cappotto dell'anno prima, anzi questa volta i gol presi furono addirittura 8.
E di Galeone al Napoli non si parló più.
Continuó ad allenare tra Pescara e Perugia.
Nella stagione 1997-98, a novembre, con soli 4 punti dopo 10 giornate, il Napoli era già al terzo allenatore. Bruciato Mutti, persino un guerriero come Mazzone aveva gettato la spugna. Ora toccava proprio a lui, a Galeone.
"Salvo il Napoli e mi ritiro" annunciò Galeone.
Ennesima rivoluzione. Volle Allegri e Asanovic rinunciando a Giannini che almeno rispetto a questi due era un giocatore di calcio.
Il 30 novembre 1997 il Napoli attendeva la Fiorentina in una situazione nera come il cielo sopra il San Paolo.
Fu l'inizio della definitiva agonia. Il buon Galeone avrebbe raccolto un punticino inutile.
Nelle successive 9 non ne vinse nemmeno una, prese 4 reti in casa dal Parma e 3 dal Brescia. Fu esonerato dopo un allucinante 0-5 ad Empoli. Di quella debacle del Napoli che considero tra i punti più bassi mai toccati, quello che più ricordo sono gli occhi perduti nel vuoto di Galeone.
Come abbia potuto pensare il Napoli di salvarsi con uno come Galeone è un mistero. È arrivato nel caos, e questa è una scusante. Però ha anche fatto arrivare Allegri e lo faceva pure giocare. E questa è una doppia aggravante.
1 - Renzo Ulivieri
Il Napoli, praticamente a gennaio 1998, era già in B. Occorreva programmare la risalita. Ferlaino chiamó Juliano, al terzo ritorno da dirigente e questi si mise alla ricerca del miglior tecnico possibile.
E fu scelto Renzo Ulivieri. Tecnico di grande esperienza in A e B, aveva fatto benissimo al Perugia, alla Sampdoria, al Vicenza, un po' meno al Cagliari, ma capace di portare il Bologna dalla C alla Zona Uefa.
I rapporti con la società felsinea si erano incrinati perché, preso Roberto Baggio, lui pensó bene di metterlo varie volte in panchina. Ma a noi non interessava.
Volevamo un allenatore che ci riportasse subito in A ed applicasse a Napoli il modello Bologna, tanto noi Roberto Baggio neanche ce lo avevamo.
Ulivieri arrivó in auto a Soccavo e trovó tanti tifosi ad accoglierlo neanche fosse un calciatore. C'era grande attesa, la speranza che la risalita avvenisse subito. La coppia Juliano- Ulivieri era inossidabile. L'uno a guidare gli allenamenti, l'altro ad osservare.
Chiese ed ottenne carta bianca sugli acquisti. Fece arrivare solo giocatori che conosceva. Scapolo, Shalimov, Murgita.
Si sentiva più sicuro con loro. Ma fu una condanna perché non tutti erano adatti a giocare nel Napoli, sia caratterialmente, sia tecnicamente e fisicamente. Questi tre, ad esempio, neanche si reggevano in piedi. Volle la conferma di Bellucci e Goretti. Si intestardí con il 3-4-3 ("perché mi garba", ripeteva) non adatto alla rosa, soprattutto perché in difesa c'era Baldini centrale tra Daino e Nielsen più esterni che marcatori di ruolo.
Il Roberto Baggio del Napoli fu per lui Turrini, tecnicamente forse il miglior giocatore della rosa ma puntualmente accantonato senza mai farci capire il perché. Ancora peggio andó a Taglialatela, improvvisamente scomparso senza motivo (probabilmente per forzare la mano e far prendere Sterchele, altro suo pupillo). In porta alla fine scelse il modesto Mondini.
Cominciò un percorso a singhiozzo in cui si giocava benino fuori, ma male in casa dove si pareggiava o perdeva. Inizió ad andare in escandescenze. Sentiva troppo l'attesa della città, le responsabilità, il clima del ‘dentro o fuori’ che echeggia nell’aria di Napoli. Così si fece espellere spesso, non le mandava a dire agli arbitri e col suo viso paonazzo prendeva la via degli spogliatoi.
Poi subentró la confusione. Scarlato centravanti, Facci play maker, un acerbo ed impalpabile Triuzzi titolare, un continuo alternare Scapolo e Shalimov.. Giocatori proposti titolari e poi accantonati, salvo riapparire.. Insomma tutto e di più.
Tullio Maddaloni da Canale34, emittente locale, inveiva contro di lui. I tifosi erano perplessi. Ferlaino pure ma si vedeva costretto a sopportarlo per tenersi Juliano. Dopo una vergognosa sconfitta casalinga con il Ravenna (dove lui era squalificato ed in panchina c'era il suo secondo... Walter Mazzarri), Ferlaino decise di esonerarlo ma poi tornó indietro quando ci fu una contestazione al pullman dei giocatori diretti a Lecce.
Si presero Schwoch, Magoni e Lopez. Era in pratica la bocciatura della campagna acquisti pretesa. Lui di rimando chiese Mezzanotti e Vecchiola, giocatori praticamente inutili e mai fatti giocare.
L'inerzia non cambió, mai tre vittorie di fila, alcune sconfitte indecorose e tanti, troppi pareggi.
In conclusione, a sei dalla fine, Ferlaino lo licenzió e Juliano, poverino, da galantuomo rimise il suo mandato a ruota. Missione fallita, squadra affidata a Montefusco e Napoli al nono posto, a 13 punti dalla zona promozione.
Ulivieri è stato un fallimento totale in un mare di presunzione. Del resto da uno che ha allenato sempre giocatori modesti e poi quando gli è capitato Roberto Baggio lo ha messo in panchina, cosa ti vuoi aspettare?