52 contro 48. Questo è il rapporto di forza al Senato Usa tra repubblicani e democratici. Una maggioranza risicata ma sufficiente ad approvare una qualsiasi legge. Però, rispetto a quanto accade in altri paesi, prima che al partito, i senatori americani rispondono, in coscienza, agli interessi dei loro elettori.

Nelle prime ore della mattina, per tale motivo tre senatori americani, hanno detto no al tentativo imposto da Trump di abrogare l'Obamacare. Il presidente Usa non essendo finora stato in grado di prorporre una nuova legge sanitaria che potesse soddisfare falchi e colombe tra i senatori americani aveva imposto che si votasse almeno la sua abrogazione.

Tecnicamente, la proposta di legge interveniva chirurgicamente su alcune garanzie imposte nell'Obamacare che garantiscono una minima copertura medica coistringendo, ad esempio, un datore di lavoro a fornire in ogni caso un'assistenza sanitaria ai propri dipendenti. Nel caso il provvedimento imposto da Trump fosse diventato legge, almeno 15 milioni di americani sarebbero rimasti privi di assistenza medica.

Le senatrici repubblicane Susan Collins e Lisa Murkowski avevano espresso il loro parere contrario alla proposta di legge. Al loro voto si è aggiunto anche quello del senatore John McCain portando così il numero dei senatori contrari a 51, grazie ai democratici che hanno votato compatti, contro i 49 senatori repubblicani favorevoli all'abolizione dell'Obamacare. La legge, pertanto, non è passata e Trump ha dovuto subire l'ennesima brutta figura su uno dei punti principali della sua campagna elettorale.

Non solo finora non è riuscito a far approvare una nuova legge sanitaria sostitutiva dell'ACA, ma non è neppure riuscito a far abolire l'Affordable Care Act. Una disfatta politica.

In compenso, Donald Trump, ha trovato un obbiettivo per soddisfare la sua ossessione contro i provvedimenti di Obama. Adesso vuole vietare ai transgender la possibilità di prestare servizio nell'esercito Usa.

Accettati da Obama, Trump, qualche giorno fa, aveva anticipato la necessità della loro rimozione. Una necessità, sempre secondo quanto affermato dal presidente Usa, discussa e decisa insieme ai "suoi" generali e ai "suoi" esperti militari. Il fatto di essere un transgender, sempre secondo Trump, per un militare costituirebbe un impedimento nello svolgimento dei suoi compiti. Non è chiaro se il divieto debba essere imposto alle nuove reclute o se debba riguardare anche i militari già in servizio.

Nel frattempo, al Pentangono dicono di non aver ricevuto ancora alcuna indicazione in merito. L'importante per Trump, dopo aver preso atto della sconfitta sulla sanità, è di trovare un nuovo nemico da sacrificare sull'altare dei provvedimenti voluti da Obama. I transgender in divisa sono avvertiti... la loro ora è suonata.