Importante progetto cinematografico in vista per l’attore Vincenzo Della Corte, che sarà uno dei protagonisti del nuovo film ad episodi, destinato al cinema, Italian Blood Stories. Dopo aver vinto un bando, il cortometraggio di Vincenzo – intitolato Amore Non è Ammore Se Muta Quando Scopre Mutamenti – è stato inserito all’interno del film, prodotto da Ipnotica Produzioni di Alberto de Venezia. Tra sogni e ambizioni, il giovane attore spera un giorno di poter vivere solo grazie alla recitazione, ma per il momento si occupa anche della sicurezza in alcuni ipermercati.

Ciao Vincenzo. Io partirei dal tuo ultimo progetto. Di che cosa si tratta?
“E’ un progetto nato circa due anni fa a Roma. Ho partecipato al bando di Nuovo Imaie e sono stato uno dei 300 ad averlo vinto; quindi ho potuto produrre un cortometraggio. Grazie a Claudio Fragasso, il mio lavoro è diventato un episodio del film Italian Blood Stories, che è composto proprio da sei cortometraggi che hanno vinto il bando. Per rendere possibile questo, ho però dovuto cambiare in corsa la sceneggiatura. Ho fatto sì che il mio corto si amalgamasse con gli altri episodi, che comunque non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro. Gli unici aspetti che condividono sono il comune e il castello in cui sono stati girati. Claudio Fragrasso e Rossella Drudi, che è la moglie, hanno poi scritto un prologo e un epilogo per unire tutti gli episodi, per fare la cornice”.

Immagino che questo film dovesse uscire al cinema…
“Sì, doveva andare nelle sale a fine aprile, ma l’emergenza Coronavirus ha bloccato tutto. Dobbiamo aspettare che riaprano i cinema, anche se il produttore mi ha detto che molto probabilmente ci sarà anche un’uscita on line. In ogni caso, abbiamo un contratto con UCI Cinema e questo ci obbliga ad uscire prima al cinema, o quanto meno uscire nelle loro sale. Era inoltre già prevista una sezione di Vimeo, oltre che alcuni DVD su Amazon. Si parla anche di altre piattaforme, che non mi sono state comunicate”. Italian Blood Stories, che tradotto letteralmente sta per “Storie di Sangue Italiane”.

Di che cosa parla?
“La maggior parte degli episodi hanno come chiave principale il sangue. Uno degli stessi è proprio splatter, mentre un altro è un thriller psicologico. Il mio è l’unico brillante. Parla di una vampira, interpretata da Giovanna Rei, che deve accoppiarsi con un licantropo, impersonato da me, perché soltanto così può nascere l’Anticristo. I due si incontrano in tutte le vite, ma non riescono mai in questa missione. Proprio quando sembravano vicini a raggiungere l’obiettivo, il cortometraggio incomincia con un incidente che fa sì che il licantropo Domenico, una volta risvegliatosi, non ricordi più nulla. Il personaggio si convince di essere il neomelodico Ciro; è stralunato ma ogni volta che vede la vampira Lucia ha delle sensazioni, è convinto di conoscerla. Nel corso della narrazione, al ragazzo torna poi la memoria, anche se resta sempre un po’ rincretinito. Nel cortometraggio ha fatto un cameo anche Massimo Bonetti. Il direttore della fotografia è Nino Celeste, che ha fatto La Piovra e per anni Un Posto al Sole”.

Sei soddisfatto di questo tuo ultimo lavoro?
“Assolutamente sì. Quando mi hanno detto che avevo vinto il bando non volevo crederci perché è stata la mia prima sceneggiatura. Non avevo mai scritto prima, anche se avevo questo soggetto nel cassetto da un bel po’. Ne parlai col produttore, che mi fece affiancare da una ragazza che stava studiando al DAMS. Ora sono a Milano, ma all’epoca vivevo a Roma. Abbiamo lavorato insieme per far diventare il soggetto che avevo una sceneggiatura vera e propria. Col tempo l’ho trasformata e da solo ho lavorato su quella finale, che vede l’amore tra il licantropo e la vampira. E’ stato un grosso vanto per me: avevo trovato un produttore, vinto un bando ed ero entrato a far parte di un film. Un cortometraggio, anche se va a dei concorsi e a qualche festival, non ha una distribuzione grande come quella che può avere se invece viene inserito in un film a episodi”.

Prima di fare l’attore, facevi arti marziali. La scelta di tuffarti nella recitazione è venuta in un secondo momento o è stata qualcosa che hai sempre sognato di fare?
“Faccio una premessa. Devi sapere che io ero il ragazzino più introverso del mondo. Mi criticavano in tanti perché anche quando camminavo per fare una passeggiata non guardavo mai di fronte a me, ma sempre a terra con lo sguardo puntato verso il basso. Il cinema mi ha però affascinato grazie a Bruce Lee. Le arti marziali, che ho praticato, sono state una conseguenza dell’amore cinematografico per lui. Grazie allo sport sono cambiato a livello caratteriale, sentendomi più sicuro di me. Ho fatto dei corsi, come quello per diventare presentatore, dove ho avuto l’onore di conoscere Ennio Fantastichini, che mi ha fatto innamorare della recitazione. Sono partito studiando come presentatore, ma queste frazioni di corsi di recitazioni mi hanno portato a voler fare l’attore. Mi piace ancora condurre: se non ci fosse stato il Coronavirus, avrei dovuto presentare due eventi: uno a Napoli, ossia un festival dedicato ai dj emergenti con giornata intera di attività dedicate alla città, e un altro a Perugia, che sarebbe stato un festival canoro scandito in tre giorni. Il contatto con il pubblico mi piace tutto. Ritornando alla domanda, ho iniziato a studiare arti marziali perché vedevo i film di Bruce Lee e da lì ho voluto imparare a recitare”.

Parliamo delle tue esperienze recitative precedenti. Sei stato in diversi periodi nel cast di Un Posto al Sole, come hai già accennato…
“Ho interpretato diversi ruoli. La soap è stata la mia prima esperienza. Ho messo piede nel set il 17 gennaio 2005, ricordo ancora il giorno. Facevo una figurazione speciale, un fan maniaco di una cantante. Nello stesso anno ho fatto anche La Squadra, sia per parti recitate e sia per fare da controfigura ai protagonisti. Essendo esperto di arti marziali, alcune cose per le quali gli attori avevano paura a me non spaventavano. Mi hanno fatto fare da stuntman, insomma. Tornando ad Un Posto al Sole, la mia ultima volta è stata nel 2012. In quell’occasione, ho interpretato un bullo che minacciava Angela (Claudia Ruffo). Mi diverte parlarne perché tutti i personaggi che ho interpretato sono andati sempre contro la famiglia di Franco (Peppe Zarbo) e Angela. Le ultime volte, Claudia Ruffo mi ha detto: ‘mamma mia, sei sempre tu a minacciarmi’”. Uno dei personaggi che hai interpretato in Un Posto al Sole faceva anche Boxe… “Giusto. Era inserito all’interno di una storyline in cui Franco aveva un antagonista di un’altra palestra con cui aveva avuto tante discussioni. Durante una discussione, questo maestro è morto ed io ero proprio il suo vice. Io ed altre persone siamo dunque andati in più puntate a minacciare Franco, finchè non l’abbiamo picchiato a Palazzo Palladini, litigando anche con Raffaele (Patrizio Rispo). Ho girato tre mesi per quella storia”.

Sei stato anche nel cast de I Cesaroni 5 e di Un Medico in Famiglia 8. Ricordo bene?
“Si, erano entrambe prodotte da Publispei ed ho partecipato a tutte e due a pochi mesi di distanza. Quando sono stato preso ad Un Medico in Famiglia non ho dovuto fare il provino per via del mio ruolo precedente ne I Cesaroni. Nella prima sono stato un mezzo ciociaro. Hanno cercato di farmi fare l’accento romano ma non era il mio forte. Ricordo le esperienze con affetto, sono state bellissime”.

Hai recitato anche con Sergio Castellitto. Che esperienza è stata?
“Esatto, ho recitato con lui nel film Tris di donne e abiti nuziali di Vincenzo Terracciano. L’abbiamo girato a Napoli. Avevo girato un paio di scene in una bisca clandestina con Castellitto e Francesco Di Leva. Sono stato sul set per qualche giorno, ma la ricordo come una bellissima esperienza. Sicuramente istruttiva. Sergio è poi uno dei migliori attori italiani. Anche se con Il Sindaco del Rione Sanità si è dimostrato bravissimo anche Di Leva”.

Il teatro, invece, ti manca?
“Mi manca da un bel po’. Non recito in teatro da quando abitavo a Roma, quindi da due anni. Mi manca tantissimo. Mentre ho due progetti a livello cinematografico”.

Ah, sì? Quali?
“Con Massimiliano Buzzanca, il figlio di Lando. Io e lui siamo molto amici. Ci siamo sentiti anche pochi giorni fa per parlare di una sceneggiatura di una serie, visto che è in contatto con diverse produzioni con un canale particolare di Sky e con Mediaset. Incrociamo le dita, insomma”.

Io chiuderei con questa domanda: c’è un sogno lavorativo che speri di raggiungere?
“Vorrei far sì che la recitazione diventi il mio unico lavoro. Adesso sono costretto a fare anche altro, tant’è che sono occupato come addetto alla sicurezza negli ipermercati. Soprattutto in questo periodo metto ordine alle file che si fanno ai loro ingressi. Fino a quando non avrò continuità come attore, dovrò fare dell’altro. Comunque, ritengo che anche questo impiego sia utile per crescere: avere a che fare ogni giorno con persone diverse è una forma di lezione, mi aiuta a creare dei nuovi personaggi. Ennio Fantastichini, nel primo corso che feci a Milano, mi disse che avevo la fortuna di interagire con tante persone perché così potevo ‘rubare’ i vari personaggi, potevo ispirarmi alla gente per crearne degli altri. All’epoca montavo i contatori dell’energia elettrica. E sono partito inizialmente dal cabaret. Anche con il lavoro negli ipermercati ho la fortuna di poter ‘rubare’ e scrivere personaggi nuovi”.