Dott. Vincenzo Petrosino - Oncologo Chirurgo - SALERNO -.

Prendendo quale riferimento il sito del ministero della Salute e non le varie numerose Asl italiane, cerchiamo di capire cosa sono le cure domiciliari ADI o meglio, in alcuni casi, cosa dovrebbero essere e quale fine abbiano.

Il sito di riferimento è il seguente:
www.salute.gov.it/portale/lea/dettaglioContenutiLea.jsp?lingua=italiano&id=4706&area=Lea&menu=socioSanitaria

“Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) garantisce alle persone non autosufficienti o in condizioni di fragilità, l’assistenza sanitaria a domicilio, attraverso l’erogazione delle prestazioni mediche, riabilitative, infermieristiche e di aiuto infermieristico necessarie e appropriate in base alle specifiche condizioni di salute della persona (Art. 22 del dPCM 12 gennaio 2017).Le cure mirano a stabilizzare il quadro clinico, a limitare il declino funzionale e a migliorare la qualità della vita della persona nel proprio ambiente familiare, evitando per quanto possibile, il ricorso al ricovero ospedaliero o in una struttura residenziale. In ogni caso la ASL assicura la continuità tra l’assistenza ospedaliera e l’assistenza territoriale a domicilio.La richiesta di attivazione delle cure domiciliari può essere presentata da chiunque (paziente, familiare, caregiver, medico, ecc.) agli uffici competenti della Asl, in genere situati presso il Distretto. Quando la persona non autosufficiente ha bisogno occasionalmente delle prestazioni professionali del medico, dell’infermiere o del terapista della riabilitazione, anche ripetute nel tempo, in risposta a un bisogno sanitario di bassa complessità, (ad esempio: prelievi di sangue, radiografia, elettrocardiogramma, ecc.), si parla di cure domiciliari di livello base.Se il paziente presenta una condizione di salute più complessa, il Servizio sanitario nazionale garantisce un percorso assistenziale che prevede:

  • valutazione multidimensionale dei bisogni sotto il profilo clinico (bisogni sanitari), funzionale (bisogni di autonomia) e socio-familiare (bisogni relazionali, sociali ed economici), attraverso idonei strumenti e scale standardizzati e uniformi;
  • stesura di un “Progetto di assistenza individuale” (PAI) o di un “Progetto riabilitativo individuale” (PRI) che descrive le prestazioni necessarie, le modalità di esecuzione e la durata del trattamento. Il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta hanno la responsabilità clinica dei processi di cura, valorizzando e sostenendo il ruolo della famiglia;
  • presa in carico del paziente da parte dell’équipe multidisciplinare della ASL che si occupa dell’assistenza domiciliare ed erogazione delle prestazioni mediche, infermieristiche, assistenziali o riabilitative;
  • la frequenza degli accessi al domicilio dei diversi operatori varia in relazione alla natura e alla complessità del quadro clinico;
  • quando necessari, sono assicurati gli accertamenti diagnostici, la fornitura dei farmaci e dei dispositivi medici, nonché dei preparati per nutrizione artificiale.

Le cure domiciliari sono integrate da prestazioni di aiuto infermieristico e assistenza tutelare professionale alla persona (ad es. cura e igiene della persona, aiuto nella deambulazione, supervisione assunzione terapia farmacologica). Tali prestazioni sono interamente a carico del Servizio sanitario nazionale per i primi trenta giorni dopo la dimissione ospedaliera protetta, e per una quota pari al 50 per cento nei giorni successivi, il restante 50% è a carico del Comune che ha facoltà di chiedere all'utente di coprire con risorse proprie parte della quota (su base ISEE), secondo quanto previsto dalla normativa regionale e comunale.Le cure domiciliari sono integrate dagli interventi sociali erogati dal Comune, in base al bisogno di assistenza della persona, emerso dalla valutazione multidimensionale.

L’esperienza maturata in anni di professione medica mi inducono a pensare che tutte queste belle cose non vengono sempre applicate e forse in alcuni casi non funzionino i servizi.

Ho sempre sostenuto, in realtà ciò che il ministero scrive: le cure domiciliari servono a limitare il declino funzionale, a cercare di mantenere ogni residua capacità dell'ammalato, a tenerlo in vita.

Dovrebbero essere una specie di mini ospedale che si muove a casa del paziente fragile.

Questo a dire il vero non sembra attuarsi a Salerno completamente nella mia città e si dovrebbe comprendere il perché.

La realtà purtroppo è che pure in ADI il paziente non può avere a casa, almeno a Salerno, un diabetologo, un endocrinologo, un indagine doppler, una visita Orl… un nefrologo, un  odontoiatra o anche a volte prestazioni fisiatriche domiciliari, oltre ad un qualsiasi altro esame strumentale.

A volte  qualcuno arriva, ma con tempi spesso non compatibili con le necessità della medicina moderna e della patologia del paziente.  

Il personale infermieristico è  SPESSO  "a domanda" per avere flebo o altro e di solito sono convenzionati. Ma come mai l'Asl si serve di personale infermieristico esterno? Possibile che a livello di Regione un servizio del genere non venga dotato di personale, auto e mezzi?

Stesso problema sembra esistere per i colleghi che gestiscono la terapia del Dolore (malati terminali, altra cosa da sostenere al massimo).

Come si dovrebbe gestire a domicilio un anziano che non si alimenta? Portarlo in ospedale? Scaricalo in qualche ospizio o case per anziani? 

Diciamo che le buone norme e le buone leggi ci sono, ma la loro applicazione e l'organizzazione dei servizi lasciano davvero  perplessi.

Troppo semplice dire che non ci sono soldi... che non c'è personale... che non ci sono medici... che bisogna attendere.

Il paziente fragile spesso necessita anche di sentirsi circondato dagli affetti, protetto e accarezzato da personale medico ed infermieristico preparato, implementare specialmente in tempo di Covid il supporto psicologico al paziente e spesso anche alle famiglia.

Insomma la fragilità intesa nel suo più ampio significato necessita di amore, affetto, dedizione e “ mezzi ”.

Spesso mancano molte di queste cose e la burocrazia , quella di cui tanto si parla per gli appalti pubblici specialmente qui a Salerno , sembra non volersi snellire quando si tratta di gestire situazioni domiciliari di fragilità. 

Purtroppo, molti non possono attendere e specialmente oggi con la pandemia da Covid alcune persone non sono neppure ospedalizzabili.

Inoltre - e sottolineo il mio pensiero - questi servizi "particolari" andrebbero tutti "umanizzati", con  personale che dovrebbe essere preparato  al tipo di problematica.  

Spesso dietro un paziente fragile esiste un dramma familiare, una situazione sociale complessa e  anche  “disperazione”, non dimentichiamolo mai.

I servizi in Italia esistono ,  la gente deve imparare a conoscerli e  pretendere che siano accessibili e utilizzabili sempre, comunque e con facilità. I medici tutti devono vigilare sulla loro applicazione.

Il Malato fragile spesso non ha "tempo", se è disidratato deve fare le flebo e non possiamo aspettare sua eccellenza "la burocrazia". Muovessero le chiappe dalla sedia i numerosi dirigenti che comandano servizi e gestiscono straordinari. Le chiacchiere seduti sulle sedie le sanno fare tutti, che vadano a fare straordinario al capezzale dei malati.

Anche questo ci farebbe diventare un "paese civile" e non il paese, spesso, delle belle promesse pre-elettorali...e del pareggio di bilancio.

Tanti sono stati gli interventi e tanti i buoni propositi: 

Il Malato, specialmente se fragile, va assistito e protetto, nessun ragionamento di spesa o disponibilità di mezzi può essere accettato.

Se un servizio non può essere gestito per mancanza di fondi, personale o altro che si dica chiaramente e si combatta per migliorarlo o si abbia anche il coraggio di dimettersi per protesta e per il bene della Salute altrui. 

L'articolo in forma originale viene inviato al Ministro Speranza  al sottosegretario  collega Sileri  e alla Regione Campania con note.