Qual è stata la dichiarazione di Biden sulla strage compiuta a Rafah da Israele? Non è dato saperlo, perché la Casa Bianca, ieri, non ha rilasciato alcuna nota al riguardo: evidentemente l'imbarazzo di un pagliaccio come l'attuale presidente americano deve essere stato di tale proporzione persino a lui, da fargli ritenere che dopo tutto la cosa migliore sarebbe stata quella di tacere.

Non ha taciuto, invece, un altro dei tanti pagliacci che sono protagonisti del genocidio in atto a Gaza. Si tratta del portavoce dell'esercito israeliano, il contrammiraglio Daniel Hagari, che ha cercato di dimostrare l'incendio di ieri notte nel campo profughi di Rafah non è stato causato unicamente dalle armi utilizzate dall'esercito israeliano.

"Le nostre munizioni - ha affermato - da sole non avrebbero potuto innescare un incendio di quelle dimensioni. La nostra inchiesta cerca di determinare cosa potrebbe aver causato un incendio di tali proporzioni. L'IDF sta esaminando tutte le possibilità, inclusa quella che armi immagazzinate in un complesso vicino al nostro obiettivo, di cui non eravamo a conoscenza, potrebbero essersi incendiate a seguito dell'attacco",

sottolineando che le armi usate dai caccia israeliani erano un paio di missili da soli 17 chili, i più piccoli in dotazione all'aviazione... roba da passerottini avrebbe commentato Giovannino Guareschi. Poi ha aggiunto:

"Stiamo lavorando per verificare le cause dell'incendio, è ancora troppo presto per stabilirle. Anche quando scopriremo la causa dell'incendio che è scoppiato, la situazione non sarà meno tragica".

Infatti, secondo la Protezione civile della Striscia di Gaza, a subire le conseguenze di quanto accaduto sono state soprattutto donne e bambini.

Non soddisfatto, Hagari ha anche affermato che l'IDF ha effettuato una sorveglianza aerea valutando la presenza di civili nell'area prima di effettuare l'attacco, "per ridurre al minimo i danni" nei loro confronti. Non solo così non è stato, ma il portavoce dell'esercito dello Stato ebraico si è dimenticato di ricordare che quell'area era stata definita da lui come zona sicura e a seguito di ciò i suoi aerei non avrebbero dovuto effettuare alcun attacco e non avrebbero così causato i 45 morti (molti dei quali bruciati vivi) e i 200 feriti.

Una dimenticanza! Una delle tante a cui ci ha abituato il morale esercito israeliano dell'altrettanto morale e democratico Stato israeliano.

Ma per quella gente così intrisa di moralità e democrazia, l'errore compiuto ieri non è stato sufficiente, così nelle ultime 24 ore l'IDF ha proseguito ad ammazzare altre 46 persone e a ferirne 110 in tutta la Striscia, compreso il campo profughi di al Mawasi, mentre a ovest di Rafah i bombardamenti sono ormai continui, con i primi Merkava che iniziano a circolare nel centro della città. 

Nelle prossime ore il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si riunisce per discutere su come dar seguito a quanto ordinato pochi giorni fa dalla Corte Internazionale di Giustizia. Già fin d'ora, a meno di incredibili sorprese, sappiamo che gli Stati Uniti porranno il veto per contrastare qualsiasi decisione possa ostacolare Israele nel continuare il genocidio in atto a Gaza.

Essendo un pagliaccio, Biden ha già dimenticato di aver avvertito che l'attacco a Rafah sarebbe stato una linea rossa che avrebbe portato conseguenze. La linea rossa è stata ampiamente superata, ma le conseguenze non sono arrivate. Infine, ad umiliare ulteriormente il pagliaccio Biden, che ha affermato che a Gaza non era in corso un genocidio, a smentirlo oggi è arrivata la dichiarazione del Lemkin Institute:

"Il Lemkin Institute ne ha abbastanza delle bugie ciniche e della propaganda di Israele e degli Stati Uniti. Si possono avere opinioni diverse sulla definizione di genocidio, ma non si possono usare controversie sulle definizioni per negare il genocidio. Se può verificarsi un genocidio, ogni nazione è obbligata dal diritto consuetudinario nel cercare di fermarlo. Siamo chiari: Israele sta commettendo un genocidio a Gaza. Gli Stati Uniti sono complici del genocidio. Queste non sono dichiarazioni politiche. Sono affermazioni basate sulla conoscenza e sull'esperienza. Tuttavia, non è necessario un dottorato di ricerca, una laurea in giurisprudenza o una vista a raggi X per vedere le dimensioni genocide della carneficina israeliana a Gaza. Ciò è evidente nel comportamento dello Stato e dei suoi militari, come risulta chiaramente dal terribile bombardamento di ieri del campo di Rafah. Ma anche se ci fossero legittimi dubbi sul genocidio di Israele, non c’è dubbio che Israele stia commettendo atrocità del tipo più barbaro. Israele deve essere fermato. Israele deve essere fermato adesso. Siamo disgustati dai leader occidentali, soprattutto da Stati Uniti, Germania e Regno Unito. Hanno dimostrato non solo che non si preoccupano minimamente della prevenzione del genocidio e dei diritti umani, ma anche che sono disposti a permettere a un alleato di commettere crimini atroci, mentre offrono sostegno materiale e diplomatico. È riprovevole e le persone coinvolte in questa campagna di mistificazione dovrebbero vergognarsi profondamente. Anche loro dovrebbero essere processati. L’umanità ha una scelta: o decidiamo che i nostri figli possano essere tutti uccisi ogni volta che una forza superiore sostiene che “terroristi” sono tra noi, oppure decidiamo che in nessuna circostanza permetteremo più a queste forze superiori di devastare il nostro mondo. Ognuno di noi deve scegliere e agire di conseguenza. Il momento spartiacque è adesso".

Il Lemkin Institute prende il nome da Raphael Lemkin, avvocato e giurista polacco, che ha coniato il termine genocidio, promuovendo al tempo stesso la promulgazione di leggi internazionali che definissero e proibissero tale crimine: il risultato è la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di Genocidio.