Dicono che la legge Zan servirà per tutelare le minoranze sessualmente diverse. Questo però non è vero perché le minoranze sessualmente diverse sono già tutelate dal nostro ordinamento giuridico che punisce le discriminazioni e le violenza contro le persone per ragioni legate alla razza, alla religione e al sesso. Una legge fatta per l'occasione non avrebbe senso, altrimenti bisognerebbe fare una legge per tutelare ogni categoria che esiste nel mondo, non solo i gay.
In realtà, il Ddl Zan punta a essere il cavallo di Troia per altri scopi ben più camuffati e socialmente non accettati. Tra questi c'è sicuramente l'introduzione delle lezioni gender nelle scuole e la legalizzazione dell'utero in affitto, visto che vendere i nascituri alla coppie gay come se fossero prodotti da supermercato è un affare intorno al quale girano molti soldi. Basti pensare che l'ex governatore della Puglia, Nichy Vendola e il suo compagno, hanno speso 150mila euro per ricorrere in America a questa pratica che in Italia invece è ancora illegale.
A questo obiettivo prioritario, se ne aggiunge un altro: con la legge Zan sarà anche difficile stabilire ciò che si potrà dire e ciò che non si potrà dire, aprendo di fatto le porte alla censura delle opinioni. Sarà ancora possibile per esempio dire che un bambino dovrà avere un padre e una madre e non due papà o due mamme? Sarà ancora possibile dire che la natura ha creato il maschio e la femmina e non il genitore 1 e il genitore 2? No, sembra proprio che non si potrà più dire.
Un dossier presentato in Senato, infatti, ha messo l’accento su decine di episodi di censura avvenuti all’estero e che sono stati causati proprio dall’opposizione a leggi simili a quelli della legge Zan. Con professori cacciati dalle università per essersi opposti all’utero in affitto o per aver detto che “solo le donne partoriscono”. Anche in Italia negli ultimi anni ad essere accusati di omofobia sono stati imprenditori come Guido Barilla, la showgirl Lorella Cuccarini, il ministro della Giustizia Marta Cartabia e altri che hanno stigmatizzato certe pratiche ritenute contro natura o comunque socialmente inaccettabili.
Sono vicende che alimentano la preoccupazione che la legge Zan possa tutelare i diritti di una minoranza ma calpestare quelli della maggioranza. Perché a forza di dire che ognuno è libero di amare chi vuole, rischieremo un domani di legalizzare pure la pedofilia, dato che pure i pedofili avrebbero diritto di amare chi vogliono. Un pericolo messo in risalto dalle forze politiche della destra, dal Vaticano e dai movimenti femministi che temono di perdere i diritti conquistati dopo anni di battaglie civili, con la donna ridotta a mero strumento di procreazione di bambini da vendere alla coppie omosessuali.
La critica alla legge Zan punta il dito anche sulla definizione di identità di genere. Pochi sanno cosa sia, ma molti hanno già capito che qualcosa non torna. Un omosessuale, per esempio, pur essendo uomo potrà dichiararsi donna e quindi potrà svolgere competizioni femminili, entrare nei bagni femminili, avere diritto alle quote rosa e così su molte altre questioni più rilevanti. Già adesso, in certi Paesi del mondo, come gli Usa, i detenuti gay hanno chiesto di essere trasferiti in carceri femminili perché si sentono donne. E le detenute gay hanno chiesto di essere trasferite in carceri maschili perché si sentono uomini. Con tutti i problemi che questo potrà comportare per l'ordine pubblico.
Un caso emblematico di quello che potrebbero essere le conseguenze del decreto Zan sono state le linee guide diramate dalla Regione Lazio che autorizzava la creazione nelle scuole di bagni gender neutrali e la possibilità per gli studenti di cambiare nome sul registro in base alla propria percezione sessuale, anche all'insaputa dei loro genitori. Linee guida che sono stati poi prontamente rimosse. Almeno per il momento.