L'immagine di copertina è di Anna  Shvets - Pexels

I social sono a un bivio. Sono sempre più numerosi i dibattiti e le polemiche sulla loro reale utilità, sulla scia emotiva scatenata dagli ultimi gravissimi fatti di cronaca. Le violazioni che un tempo potevano sfociare al massimo in sanzioni di tipo amministrativo, oggi hanno acquisito rilevanza penale, data l’entità criminale di alcuni episodi, come l’istigazione al suicidio, l’ultima moda dei fenomeni di streaming spericolati culminati in omicidi colposi alla guida di autoveicoli, gli adescamenti pedopornografici, lo stalking ecc.. Non entrerò nelle questioni giuridiche, perché sono una materia complessa sulla quale fior di giuristi si accapigliano da anni, senza arrivarne a capo. Mi limiterò, come è nello stile di questo blog, a raccontare una parte collaterale rispetto a quanto premesso, una zona d’ombra non molto esplorata perché meno esplicita, o se vogliamo più intangibile, ma che rappresenta un tendenza di su tutti i social e in fondo, diciamolo, della società stessa: la paura.

Questo meccanismo di blocco relazionale coinvolge anche siti, ed è questo il punto, nati per soddisfare scopi ludici o didattici. Vediamo un esempio pratico. Proprio qualche giorno fa, mi è capitato di iscrivermi ad una piattaforma on line di scambio per l’apprendimento linguistico che avevo selezionato sulla base di 10 siti suggeriti da uno degli esperti di internet.

Non citerò il sito, perché non ho cumulato sufficiente conoscenza per poter emettere un giudizio oggettivo al 100%. Il funzionamento, comunque, è in principio molto semplice ed efficace. Avete padronanza della vostra lingua nativa e/o ne conoscete una straniera in maniera approfondita. Offrite questa competenza a chi può proporvi l’apprendimento di una lingua straniera a cui siete a vostra volta interessati. Fin qui sembra tutto bello.

Passano 2 o tre giorni e comincio a ricevere notifiche di messaggio. Sono entusiasta. Poi, però, mi accorgo che qualcosa non torna. Gli avatar dei richiedenti non sembrano affatto autentici e molti non hanno proprio l’aria di chi vuole insegnare e apprendere le lingue straniere. Alcuni di questi avatar non hanno nemmeno la fantasia della dissimulazione, sono espliciti che di più non si può. Insomma, non ci vuole molto a capire che, se un/una insegnante mette una foto del suo profilo, con evidente scollatura, trucco pesante ai limiti del posticcio, e una postura da donna fatale o il petto da atleta con addominali a tartaruga e ciuffo a schiaffo laccato, forse l’intenzione può essere mediamente un’altra. Poi, c’è il linguaggio estremamente numerico di questi messaggi. Quasi sempre decontestualizzati, scandalosamente ripetitivi. In questo momento dell’evoluzione digitale, poi, in cui ci si è ficcata anche l’intelligenza artificiale, tutto si confonde e disorienta ancora di più. Il solito ingenuo, si dirà, che non ha ancora capito come funziona il mondo. Lo ammetto, forse avrei dovuto capirlo subito, ma cosa volete aspettarvi da uno che è cresciuto con le gag telefoniche di Gigi Proietti o che per prendere un giornaletto erotico dall’edicolante, usava un incomprensibile linguaggio subliminale di segni? Fatto sta che, arrivato al decimo messaggio, ho cominciato a cercare una corrispondenza tra i nickname dei messaggi e le persone presenti all’interno della community = Nessuna corrispondenza, come prevedibile. Le persone della community, invece, anche quando il matching linguistico era a oltre il 90%, non rispondevano nemmeno ai miei messaggi, ma non finisce qui. Leggendo il loro bio, in un’elevatissima percentuale di donne, c’è la locuzione perentoria: astenersi dall’inviare messaggi a sfondo sessuale ecc.

Insomma, che cavolo! Ma che succede? Se le donne devono mettere messaggi preventivi sul loro bio su un sito innocuo tirato su per consentire l’apprendimento delle lingue straniere, significa che anche lì c’è stalking/molestia sessuale!

Va bene, sappiamo che il fenomeno esiste, che c’è una proliferazione di live sex cam e chat di incontri, dove sono ormai saltate tutte le barriere inibitorie. Ma un conto è andare consapevolmente su un sito nato per trasgredire allo scopo di lasciar libera la bestia che è in sé, un altro è iscriversi a gruppi che organizzano gite in bicicletta, no? Ci sarebbe da dirsi, che poiché anche gli uomini ricevono notifiche da parte di avatar “femminili” aventi lo scopo di indirizzarli verso siti di incontri erotici on line a pagamento, allora lo stalking non è un fenomeno prevalentemente maschile? Ma queste ultime sono in realtà proposte commerciali spam mascherate da approcci amicali, nessuna insistenza, nessuna persecuzione, anzi risposte robotiche in puro stile numerico, scollegate da qualsiasi emozione. Se si decide di proseguire erroneamente nella conversazione, il peggio che può succedere è di essere dirottati sul sito di destinazione finale tramite link.

Diversa è la molestia maschile che trae origine dalla cultura maschilista, e ancora dominante, del predominio, del possesso e della concezione della donna, ancora e malgrado tutto, vista come puro oggetto del desiderio. Non c’è nulla di commerciale. Le donne, sono abbastanza intelligenti da fare la differenza tra intrattenere una relazione interpersonale e andare a letto, gli uomini, non mentiamoci, molto meno. Sfido a cercare un qualsiasi bio maschile che contenga la locuzione, astenersi da proposte di tipo sessuale! E allora ecco tornare il concetto espresso all’inizio, la PAURA, che sta contaminando e deteriorando tutte le prospettive di relazione interpersonale on-line tra sessi ma anche tra persone dello stesso sesso. Si insinua la cultura del sospetto..

Il risultato della mia esperienza, è che ho dovuto cancellare l’account del sito di interscambio linguistico dopo aver, con amarezza, constatato l’inservibilità per quello scopo. E’ la gratuità di alcune di queste piattaforme a dover innescare il sospetto che siano qualcosa di diverso? Non so rispondere.

Ma quale è la natura della paura di cui stiamo parlando? E’ il suo oggetto indistinto, rappresentato dal fatto che non si sa più cosa aspettarti dall’altro. L’altro percepito ormai più come un potenziale pericolo, di cui, in una società violenta e subdola, è impossibile discernere le reali intenzioni. Un colossale paradosso, se ci pensiamo bene, perché il social, lo dice la sua stessa etimologia, implica la relazione sociale con gli altri, ne è il suo istituto ontologico. Se questa è minata dal timore di intraprendere una conversazione per l’esito che potrebbe avere il seguito, cosa rimane del social? E’ come se qualcuno, assieme agli algoritmi necessari alla costruzione dei social, ne avesse inserito anche i germi per la loro autodistruzione.

La relazione con l’altro (che su internet è del tutto virtuale) on-line diviene solo un simulacro teso a nascondere la vera relazione predominante, quella con sé stessi. Che bel corto circuito mediatico. Forse è proprio questo l’elemento di contaminazione, di perversione della relazione, deviata per così dire sul nascere, e di cui è in gran parte responsabile la cultura maschilista.

Sulla rete, poi, dato che ognuno esiste per l’altro solo in teoria, che non parla se non con i tempi asincroni e afonici della scrittura, che è rappresentato da un simbolo più o meno veritiero, esso diventa una specie di oggetto del contendere morboso e sconosciuto e di un ego che, per fare chiasso nel silenzio numerico, si ingigantisce e sfugge al controllo dello stesso proprietario. Appaiono tutti quei sintomi da disturbo della personalità ossessiva e possessiva che nella realtà si manifesterebbero solo in caso di comportamenti deviati. Sui social, invece, si possono vedere persone normali, trasformarsi in stalker (banalizzando molto ovviamente), che cercano ossessivamente l’oggetto della contesa (astratta e rivolta verso il resto della rete). Un’ ossessione che si ritualizza in maniera quasi dipendente (e non sembra ci si accorge rapidamente del tarlo).

Questo, a mio modesto avviso, è uno dei motivi per cui in una società profondamente maschilista, e aggiungo malata, la donna che già nella realtà è vissuta come un oggetto proprietario (e lo dimostrano i numeri disumani di femminicidi che sono, inutile ricordarlo, infinitamente superiori ai maschilicidi), diviene sulla rete l’oggetto feticcio delle proprie fantasie, che non realizzandosi mai, generano reazioni patologiche e infantili di sconfitta. Lo so, detta così sembra una cosa mostruosa, ma sono convinto che sia uno dei motivi di questa interruzione ai piani bassi dei processi di comunicazione on line che si trasformano in frustrazione, vuoi anche rabbia e che stanno costringendo una parte dell’umanità cibernetica a erigere sempre più barriere.

Disse il ragno frustrato:

Ma che tela è questa? Mi spiegate come faccio a controllare questa struttura sterminata se non so nemmeno dove si trovi il centro?

Quello che mi appare chiaro è che l’interscambio on line, quale che sia lo scopo, ludico, didattico, per amicizia o sentimentale, è in sonora crisi, gli esseri umani non hanno superato la prova di intelligenza e equilibrio che richiede l’utilizzo responsabile di queste piattaforme. La società, anche quella reale (per motivi che cercheremo di indagare in un prossimo articolo), è ostaggio dei comportamenti deviati di una minoranza chiassosa, arrogante, volgare e perversa. Un processo di depauperamento delle relazioni umane e della possibilità ideale che esse si realizzano come motivo sociale di aggregazione, incrocio e incontro degli uomini, fin dalla notte dei tempi. Stiamo rinunciando ad una parte fondamentale della nostra natura di animale sociale, per paura di affrontare il fenomeno, per la nostra tendenza innata a minimizzare la gravità delle cose o semplicemente per la pigrizia di attuare quelle misure che servono ad allontanare dalla comunità umana gli individui che mettono in pericolo i principi della convivenza civile e delle relazioni. Speriamo solo che questo processo distruttivo non finisca per compiere la sua opera anche sulla civiltà “Off-line“.