Per attuare un’autentica  Comunicazione di  Pace occorre la persuasione capillare d’ogni cittadino del mondo a partecipare con equilibrio e giudizio agli interessi globali e, per questa operazione, occorre l’intermediazione di un vero e proprio  esercito di Comunicatori, completamente mondi da faziosità di sorta e oltremodo ferrati da una conoscenza olistica della  condizione umana nella sua quanto mai differenziata multiformità.

L’esposizione corre  sul duplice filo della  Concettualità e degli avvenimenti  reali, e  sempre secondo il doppio criterio del luogo comune e della media informazione, che insieme orientano l’opinione pubblica. Essere giornalisti di Pace non significa edulcorare la realtà o ricorrere alla censura per nascondere tragedie e oscurità ma scendere alla radice dei problemi senza finzioni. Non occorre usare parole del  terrore  e del terrorismo, che incutono  ed alimentano paura o aderire alle industrie delle falsificazioni,  e del razzismo. Arrendersi  a questo regime , guidato dalle oligarchie internazionali,  significa condannare milioni di persone al buio della conoscenza e alla morte della coscienza. Spetta a ciascuno di noi esercitare il libero arbitrio o il pensiero critico, ciascuno con il suo pensiero politico e filosofico.

L’approfondimento sul  tema della multiculturalità  è  di importanza centrale per rendere efficace questo proposito ed   è quello  di incoraggiare le grandi comunità religiose (e non solo) a crescere come consapevolezza e senso di responsabilità, superando quell’autoreferenzialità (talvolta dogmatica, talvolta spiritualistica, talvolta da “superpotenza” istituzionale, od altro ancora), che rappresenta un rischio serio alla convivenza nella pluralità di identità e di autonomie e perciò, obiettivamente, un moltiplicatore di conflittualità, al di là delle invocazioni e delle esortazioni “ripetitive” alla Pace.

Al concetto di multiculturalità, che già da tempo le istituzioni europee ritengono uno degli obiettivi principali di sinergia con iniziative nazionali e regionali in campo educativo e formativo, può essere associato il sostantivo “Unità” per porsi nella prospettiva del riconoscimento della distinzione, nella consapevolezza dell’unica matrice umana legata alla Fraternità universale. Ciò ha conseguenze dirette sulle relazioni sociali, sulla libertà individuale, ma anche sui rapporti con le regole, i diritti e le prescrizioni tipiche di un Paese che possano essere colte in una prospettiva di reciprocità. Le nozioni di Multiculturalità e di Unità, inoltre, sono portatrici di esigenze più larghe che superano la comunità nazionale e includono anche la solidarietà internazionale.

Non si tratta quindi soltanto di partecipazione e di responsabilità civiche, ma di stabilire relazioni, di “vivere insieme”. Il sistema mondo globalizzato, infatti, non ha eliminato le culture locali, ma anzi vede crescere in tutto il mondo una proliferazione di nuove identità culturali, politiche e religiose, sentite come specifiche e vissute intensamente.

Dunque  la Multiculturalità non è un fatto, ma un risultato in progressivo divenire di un insieme di comunicazioni e di relazioni tra individui e gruppi responsabili: una realtà in movimento, attraverso cui i cittadini consolidano il senso di appartenenza ad una cultura e ad un popolo nella prospettiva dell’appartenenza alla Famiglia Umana e nell’apertura  alla scoperta delle ricchezze dell’Alter. Andare oltre il modello di dialogo  interreligioso di Assisi, superando i pregiudizi e le diffidenze e soprattutto la politica delle ideologie, per concentrarsi  più sugli aspetti concreti sul piano pratico-operativo, per affrontare le difficoltà con cui le Comunità di fede sono costrette a misurarsi ogni giorno, e a concepire il dialogo più dalla prospettiva di una dimensione civile.  

La chiave del "dialogo", quale sentiero percorribile per lo sviluppo di una Cultura di pace, è l'importanza della conoscenza del "diverso" ,  nelle sue tradizioni socio-culturali e religiose,   per poterne comprendere le reali esigenze e favorirne l'integrazione dello stesso  nella società civile in cui vive: l'opportunità di acquisire e sperimentare  la conoscenza dei Testi Sacri, tramandati dai grandi Maestri Spirituali , quali ad esempio la Scienza Vedica, culla delle religioni, dalla quale si attinge l’universale concetto dell'Unità nella diversità, che classifica l'Umanità come figli di un unico Padre, cui si collega il messaggio  Cristiano “Ut Unum sint”.

Soltanto operando una trasformazione della  Cultura di guerra in Cultura di pace, attraverso una comunicazione dotta e profondamente umana, possa  gradualmente far cambiare lo stile primitivo violento della società dell’Uomo,  e questa  soluzione  sembra essere sempre più valida e sempre più attuale. Certo la strada della Comunicazione  di Pace è lunga e faticosa. Ma anche la Cultura di Guerra ha una lunghissima tradizione; per trasformarsi non può non percorrere per graduali tappe la via di una Globalizzazione della mentalità secondo completamente rinnovati parametri.

Maria Gabriella Lavorgna, Presidente Fondazione no profit "Il Mandir della Pace" - www.shantimandir.eu