Nel dibattito sul futuro del sistema pensionistico italiano, Gregorio Scribano si distingue per la sua schiettezza e per le sue proposte concrete e innovative. Esperto di comunicazione e attento osservatore delle dinamiche sociali, Scribano denuncia le distorsioni dell’attuale modello e avanza soluzioni volte a garantire pensioni più dignitose e sostenibili. Lo abbiamo intervistato per ascoltare il suo punto di vista.
Dottor Scribano, lei ha criticato fortemente l’innalzamento dell’età pensionabile. Perché ritiene ingiusta questa misura?
L’idea di spingere l’età pensionabile a 70 anni poggia su un’illusione: quella di una continua crescita dell’aspettativa di vita. In Italia, tuttavia, assistiamo ad un’inversione di tendenza, dovuta a fenomeni come la precarietà lavorativa, lo stress e il deterioramento dei servizi sanitari. Costringere le persone a lavorare fino a 70 anni, senza offrire loro una pensione adeguata, rappresenta una chiara ingiustizia sociale.
Ma perchè, a quale età si va in pensione in Italia e a quale invece nel resto d’Europa?
In Italia, l’età pensionabile per la pensione di vecchiaia è attualmente fissata a 67 anni per entrambi i sessi, con un requisito contributivo minimo di 20 anni. Questo standard colloca l’Italia tra i Paesi con requisiti anagrafici più elevati in Europa. In media, nei Paesi dell’Unione Europea, gli uomini vanno in pensione intorno ai 64 anni e 4 mesi, mentre le donne intorno ai 63 anni e 4 mesi.
Quali sono, a suo avviso, i principali problemi strutturali del sistema pensionistico italiano?
Il nostro sistema penalizza i lavoratori. Il passaggio al sistema contributivo ha determinato una riduzione sostanziale delle pensioni future, nonostante si continui a richiedere un impegno lavorativo prolungato. Questo approccio trascura la realtà del mercato del lavoro e le condizioni di salute delle persone. Inoltre, il sistema attuale ostacola il ricambio generazionale, impedendo ai giovani di inserirsi nel mondo del lavoro. Un ulteriore problema è l’uso improprio dei contributi previdenziali: questi fondi, versati dai lavoratori, vengono utilizzati per finanziare spese assistenziali quali pensioni sociali, casse integrazioni, bonus e altri benefit, sottraendoli all’obiettivo principale del garantire una pensione dignitosa a chi ha lavorato una vita intera.
Quali soluzioni propone per migliorare il sistema pensionistico?
La proposta è quella più ovvia e sensata di riportare l’età pensionabile a 65 anni, introducendo una maggiore flessibilità che consenta, ad esempio, ai lavoratori di versare contributi volontari per anticipare la pensione in base alle proprie esigenze.
Un esempio? Dare la possibilità a chi si è laureato durante l’attività lavorativa di poter riscattare gli anni di laurea!
Ma la soluzione più innovativa è quella di separare nettamente la previdenza dall’assistenza. In questo modo, i contributi versati dai lavoratori nelle casse dell’INPS sarebbero destinati esclusivamente al finanziamento delle pensioni, mentre le spese assistenziali – come le pensioni sociali, le misure di sostegno al reddito e altri bonus – verrebbero coperte dalla fiscalità generale. Tale separazione permetterebbe una gestione più trasparente e giusta delle risorse pubbliche, evitando di penalizzare chi ha contribuito attivamente al sistema.
Alcuni sostengono che ridurre l’età pensionabile metterebbe a rischio la sostenibilità del sistema. Cosa risponde a queste critiche?
La sostenibilità del sistema dipende soprattutto dalle scelte politiche. Se continuiamo a sprecare risorse e a non contrastare l’evasione fiscale, le difficoltà saranno sempre dietro l’angolo. Separando previdenza e assistenza, infatti, non si sottraggono fondi destinati alle pensioni per coprire spese assistenziali, le quali dovrebbero essere finanziate dallo Stato tramite il gettito fiscale. Una gestione oculata e trasparente delle risorse consentirebbe di garantire pensioni adeguate, senza dover sacrificare i diritti dei lavoratori.
Quale impatto sociale si potrebbe attendere da una riforma così strutturale?
L’impatto sarebbe duplice e altamente positivo. Da un lato, i pensionati potrebbero godere di una vecchiaia più serena e dignitosa, liberata dall’onere di lavorare in età avanzata. Dall’altro, il ricambio generazionale verrebbe stimolato, creando maggiori opportunità di lavoro per i giovani. La netta separazione tra previdenza e assistenza garantirebbe che i contributi dei lavoratori siano usati esclusivamente per le pensioni, mentre le misure assistenziali verrebbero finanziate in modo trasparente attraverso la fiscalità generale. Questo approccio risolverebbe una delle principali criticità del sistema attuale, che spesso lascia intere generazioni in difficoltà.
Infine, qual è il messaggio principale che vuole trasmettere ai cittadini e alla politica?
Il diritto ad una pensione dignitosa non deve essere considerato un privilegio o una regalia, ma un diritto sacrosanto e inviolabile, una conquista sociale da tutelare e da difendere. Chiedo alla politica di ascoltare le reali esigenze dei cittadini e di avere il coraggio di implementare una riforma che separi chiaramente previdenza e assistenza, garantendo così un futuro pensionistico giusto e sostenibile. Non possiamo permetterci di sacrificare intere generazioni in nome di un equilibrio finanziario che, in realtà, potrebbe essere raggiunto con una gestione più corretta e trasparente delle risorse pubbliche.
Le parole di Gregorio Scribano invitano a riflettere profondamente sul futuro del sistema pensionistico italiano, aprendo il dibattito su come si possa realizzare un modello più equo per tutti. Resta da vedere se e come la politica saprà rispondere a questa sfida.