“Prima di giudicare la mia vita metti le mie scarpe, vivi il mio dolore e i miei dubbi”. Queste le parole sulla pagina facebook di Laura o Lauretta come la chiamavano tutti .

Una vita difficile. Abbandonata dalla mamma quando era piccola, cresciuta solo con il padre. Due bimbi, seguiti dagli assistenti sociali dopo il secondo parto... qualcuno parlava di violenza, mai rimbalzate però come verità.

Tutti sapevano di questo amore un po’ "litigarello", anche il padre che ogni tanto se la ritrovava a casa come il giorno della scomparsa quando gli aveva lasciato il bimbo più piccolo. È stato proprio lui a lanciare l’allarme, cellulare sempre muto, ore di angoscia.

Laura è stata uccisa dal suo compagno, da quell'amore adolescente litigarello come lo definivano in paese... l’ha uccisa con un coltello e gettata nel pozzo.

Eppure, come dicono in paese, Paolo sembrava innamoratissimo. Invece non era così... Paolo viveva un amore malato, viveva la possessione. A nulla serviranno scioperi o marce o movimenti come #metoo, se non cerchiamo di curare le radici  del "male".

È la società malata, è il rapporto uomo donna che non funziona più: la possessione altera la capacità di giudizio... è lì dove bisogna lavorare... sia nell’uomo che nella donna, perché, non dimentichiamocelo, anche gli uomini subiscono violenza.