In un interessante articolo, Reuters rende note le difficoltà del Canada relative all'accoglienza dei migranti. Protetto dagli oceani e confinante a sud con gli Stati Uniti, il Canada non si è mai trovato di fronte ad un problema di accoglienza migranti simile a quello che abbiamo affrontato in passato in Italia.

Il numero di migranti che arrivava in Canada al di fuori di accordi e controlli preventivi era talmente esiguo da definirsi inesistente. Ma da quando Trump è diventato presidente, gli Usa sono diventati per il Canada quello che per l'Italia è stata la Libia.

I rifugiati negli Stati Uniti - haitiani, nigeriani, turchi, siriani, eritrei... - hanno iniziato, anche d'inverno, ad attraversare il confine tra i due paesi per evitare di essere rimpatriati, mettendo di fronte il Canada ad un'emergenza cui non era abituato.

Emergenza per le misure di prima accoglienza, per quelle di alloggio e per quelle burocratiche. Piccole località al confine meridionale del Canada, d'un tratto, vedono comparire processioni di decine di persone che arrivano sfidando neve e gelo senza però avere strutture e personale per riceverle. E quando queste persone vengono trasferite in centri più grandi, si pongono gli stessi problemi per alloggio e mantenimento. Idem per la gestione delle richieste di asilo da parte dei tribunali.

Per quanto riguarda i numeri, coloro che cercano rifugio in Canada sono "soltanto" meno di 2mila persone al mese... ma per il Canada è comunque un'emergenza, nonostante le sue dimensioni che lo fanno paragonare più che ad una nazione ad un continente. E oltre 20mila rifugiati all'anno stanno creando non pochi problemi.

In base a questo, forse, dovremmo anche riconsiderare giudizi e critiche per quanto accaduto in Italia in merito all'accoglienza dei migranti, considerando che in alcuni casi nel nostro paese ne sono arrivati in un solo mese molti di più di quanti non ne siano arrivati in Canada in un solo anno. Inoltre, c'è anche da riflettere sull'inarrestabilità del fenomeno. Infatti, nel momento in cui un paese pone un ostacolo, le persone, come un'onda, si spostano verso dove è possibile trovare rifugio.

Questa "esperienza" del Canada, quasi incredibile per la sua collocazione geografica, dovrebbe insegnarci non solo che in relazione al problema migratorio nulla è scontato, ma anche che ostacoli, trappole e divieti finiscono solo per investire del problema altri attori e non finiscono certo per risolverlo.

E dato che questa testimonianza non fa altro che certificare che il problema migranti è globale e non solo regionale, sarebbe il caso che si iniziasse ad affrontarlo in maniera globale, con interventi che possano risolverlo alle radici, interessando dal punto di vista politico, economico e finanziario le agende di Onu, G20, FMI, ecc.