Che Giorgia Meloni abbia ormai attirato su di sé un'attenzione mediatica a livello internazionale è cosa ben risaputa. Times, Le Monde, Guardian, New York Times, Financial Times, Politico, solo per citare le testate più note, hanno in passato celebrato il nuovo corso in politica estera della premier italiana, che spesso viene citata a modello europeo di un nuovo corso del centro destra europeo. Qualche giorno il giornale Le Figaro è forse andato oltre in un lungo editoriale a firma di Nicolas Baverez, alto funzionario pubblico, avvocato e saggista francese, e voce molto ascoltata nelle alte sfere parigine. Nel suo editoriale l’avvocato francese definisce la Meloni come un modello di post populismo da imitare e da esportare anche nel resto d’Europa. “L'Italia è stata regolarmente, per il meglio e per il peggio, il laboratorio delle innovazioni politiche in Europa: ha inventato il fascismo, la democrazia cristiana, la mediacrazia con Silvio Berlusconi, la coalizione dei populismi tra il Movimento 5 Stelle e la Lega. Con Giorgia Meloni, ora sperimenta un post-populismo che intende esportare in Europa. “ scrive Baverez, elogiando la sua parabola una volta arrivata a Palazzo Chigi dopo la vittoria del settembre del 2022. Dopo avere brevemente raccontato la sua incredibile ascesa Baverez parla di ammirazione della capacità della premier di tenere sotto controllo la sua maggioranza e di imporsi come leader credibile ed autorevole in Europa, senza abbandonare la difesa dei valori tradizionali, come la famiglia, la religione e il patriottismo. Inoltre ha parole di elogio anche per la sua politica di contrasto all’immigrazione “Ha mostrato fermezza sull'immigrazione e cercato di delocalizzare la gestione dei migranti in Albania o in Tunisia, tenendo conto delle esigenze delle imprese italiane di fronte al crollo della popolazione attiva”. Inoltre secondo l’editorialista francese la Meloni avrebbe avviato un progetto di revisione costituzionale per rafforzare i poteri del capo del governo attraverso la sua elezione a suffragio universale diretto, senza entrare in conflitto con Sergio Mattarella.
“La linea politica seguita da Giorgia Meloni non è neo-fascista. Non è rivoluzionaria, ma conservatrice. Non intende superare la divisione tra destra e sinistra o operare una sintesi tra socialismo e nazionalismo, ma rivendica una posizione risolutamente conservatrice. Non denuncia le élite, non condanna l'impotenza della democrazia rappresentativa, non disprezza lo stato di diritto, ma propone di prendere il controllo delle istituzioni in Italia e nell'Unione” parole che certamente faranno storcere il naso non solo alle opposizioni, ma anche molti intellettuali che non perdono occasione per accusare la premier di essere illiberale ed avere ancora forti legami con quel mondo neofascista e un pò nostalgico, ancora presente nel nostro paese.” Giorgia Meloni disegna così una sintesi originale di tipo post-populista, nel senso definito da Thibault Muzergues (Post-populismo, L'Observatoire, 2024). “ Secondo Baverez il merito della meloni sarebbe stato quello di prendere atto del fallimento dell'ondata populista che ha investito le democrazie a partire dal 2016 denunciando il fallimento del liberalismo “ondata che si è infranta sul disastro della Brexit, sulle posizioni oscurantiste adottate durante la pandemia di Covid, sull'allineamento con gli autocrati, Putin in testa, quando la Russia rappresenta una minaccia esistenziale per l'Europa, sul passaggio alla violenza illustrato dall'assalto al Campidoglio da parte dei sostenitori di Donald Trump, poi quello di Brasilia da parte dei sostenitori di Jair Bolsonaro”. Sempre secondo l’editorialista de Le Figaro il neo-populismo, nel nostro paese, sarebbe saldamente radicato in Italia. E questo sarebbe dimostrato dalle vittorie alle amministrative in Abruzzo e in Basilicata e dall’ancora alto consenso, di cui è accreditata da tutti i sondaggi, in vista delle elezioni europee di giugno.
A proposito di Europee, secondo la tesi di Baverez “Il suo obiettivo è rompere la coalizione tra i conservatori del PPE e i social-democratici che guida il Parlamento dal suo elezione a suffragio universale diretto nel 1979, per far emergere una maggioranza delle destre di cui il gruppo ECR diventerebbe il perno. Questo aprirebbe la strada alla modifica dei principi e delle politiche dell'Unione, orientandola verso una confederazione di Stati-nazione, riaffermando le radici storiche e i valori che fondano la sua civiltà, dando la priorità alla sicurezza interna ed esterna, rompendo con la burocrazia, l'inflazione delle norme e l'ecologia decrescente.” Nel lungo editoriale si fa una analisi anche su quello che potrà essere il futuro del progetto della Meloni, definendo la sua forma politica come originale che intende rispondere alla nuova realtà derivante dalla chiusura del ciclo della globalizzazione e del dopo Guerra fredda.
“Nessuno può prevedere se la scommessa di un'audacia singolare riuscirà, che consiste per l'Italia, dopo aver constatato che non poteva salvarsi da sola e ottenuto l'aiuto dei suoi partner, a prendere il controllo politico dell'Unione, come un debitore che sottomette il suo creditore. Tuttavia, bisogna riconoscere che la riabilitazione consapevole della divisione tra destra e sinistra costituisce un antidoto efficace al populismo e al deficit democratico che colpisce le nazioni libere e l'Unione Europea”. Scrive ancora Le Figaro, mettendo la premier italiana al centro della Unione di fronte invece all’isolamento di Macron, che starebbe condannando la Francia ad un grande balzo indietro, mentre la Meloni permette al suo paese di superare il populismo.