La nuova sanità italiana basata su case e ospedali di comunità è a rischio flop
Di Vincenzo Petrosino - Oncologo Chirurgo - Salerno -
L'invenzione di una nuova sanità basata su case di comunità e ospedali di comunità e medici h 24 ecc ecc rischia di essere un tremendo flop.
Inoltre, oltre alla carenza di medici, quello di cui non si vuole parlare è che gli stipendi sono fermi da anni.
Mancano le basi per una nuova sanità, i medici sono ora ultra 60enni se non ultra 65enni e ben poco motivati e direi anche non dotati di forza fisica per una nuova sanità come è stata prospettata da menti diaboliche.
Si parla di liste di attesa senza conoscere i drammi che i medici vivono ogni giorno per i propri pazienti per prenotare una semplice visita specialistica.
Non ci sono fondi per l'assistenza domiciliare, si mettono continue pezze a troppe cose.
A Salerno, mentre il ministro parla di anticipare la campagna per la vaccinazioni antinfluenzale non sono neppure state pagate quelle dell'anno scorso... ma di cosa parliamo?
Ovvio che i medici stanno andando via e la sanità è in affanno. Decine le circolari e le norme che vengono buttate lì tanto per fare, senza una programmazione reale e capillare. Inutile parlare di esami e codici e farmaci in dpc se tutti non parlano la stessa lingua. Spesso vi è un ping pong tra asl, medici e pazienti.
Dopo 41 anni di professione posso dire la mia?
Sorrido perchè non vedo assolutamente luce in fondo al tunnel... auguri ai giovani colleghi: che la strada sia in discesa e non una serie di inspiegabili dossi senza cartelli stradali.
Inoltre, a margine vorrei dire da persona che è stata nelle stanze del potere per tre anni che fino a quando alla sanità vi è un cattedratico o una figura diversa da un medico non si verrà a capo di nulla almeno nella sanità spicciola, di tutti i giorni... quella delle file interminabili, delle prenotazioni impossibile. Insomma bisogna avere conoscenza e padronanza innanzitutto della sanità di base.
Le case di comunità annunciate in pompa magna nelle precedenti legislature rischiano di diventare un (ennesimo) flop.
Al 31 dicembre, attive l'8,5% delle case di comunità POR e l'11,6% delle case della comunità Extra POR attive. Solo in cinque Regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Piemonte e Toscana) risultano strutture previste nei POR già avviate e solo tre Extra POR (Lombardia, Piemonte e Umbria)
Nei mesi scorsi il primo ad aver manifestato le proprie perplessità è stato il ministro della Salute Orazio Schillaci: “Sono fiducioso che si possano realizzare tutte quelle previste dal Pnrr ma potremmo avere dei problemi di fondi visto che rispetto a quando sono stati erogati – spiega il ministro – i costi sono lievitati sensibilmente. Inoltre nello stanziamento non era prevista alcuna disponibilità per il personale e le attrezzature”.
E non solo. Anche i sindacati hanno mostrato scetticismo: il Sindacato medici italiani (Smi), con il segretario generale Pina Onotri, è convinta che le Case di Comunità non siano la soluzione alla crisi dei medici di famiglia. "Preoccupa molto la riforma che prevede l'istituzione delle Case di Comunità. Abbiamo il timore che si voglia far fronte alla carenza dei medici di famiglia spostandoli da una parte all'altra del territorio: e finalmente, dopo mesi, anche Fimmg viene sulle nostre posizioni. Chiediamo un ripensamento in toto del D.M. 77 che riorganizza la medicina territoriale. Basta con le inaugurazioni di cattedrali nel deserto fatte sulla pelle dei cittadini e dei medici!", ha tuonato il sindacato.
E vediamo, dunque, Fimmg che cosa ne pensa: "Non è un problema che riguarda solo i paesi montani - aveva detto il vicesegretario nazionale Fimmg Domenico Crisarà - ma anche quelli situati in pianure vaste e poco popolose o in piccole isole".
Proprio per questo la Fimmg ha proposto a suo tempo una soluzione, un progetto flessibile che prevede l'adozione di tre diversi modelli. Il primo con sede unica adatto a territori con densità abitativa alta (più di 100 ab/kmq). Il secondo, con una sede unica e ambulatori periferici, per territori a media densità abitativa (50 ab/kmq). Il terzo per i territori a bassa densità (meno di 50 ab/kmq) che prevede esclusivamente ambulatori locali, utilizzando anche gli studi dei medici di medicina generale. Altri dubbi arrivano dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato che a Cosmofarma ha dichiarato: "Nelle 1.350 case di comunità previste dal Pnnr chi ci mettiamo, quale personale utilizziamo per farle effettivamente funzionare? Le strutture sanitarie previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza sono al momento prive di risorse professionali che ne garantiscano l'attività. A maggior ragione la rete delle farmacie italiane potrebbe svolgere, ancor più che in passato, un ruolo di primo piano nell'offerta di servizi sanitari, che sgraverebbero anche il lavoro dei Pronto soccorso. Oggi il 60-70% degli accessi è per codici bianchi o verdi".
Commenti che tra l'altro trovano conferma nel primo monitoraggio semestrale di Agenas sull'attuazione degli standard del DM 77/2022 riguardante il semestre giugno-dicembre 2022, che fa segnare diversi ritardi da parte delle Regioni nell'attivazione delle previste Case della comunità, Centrali operative territoriali e Ospedali di comunità la cui scadenza è per il 2026.
Questi interventi vengono divisi in due macrocategorie: interventi previsti nei POR (Piano Operativo Regionale) allegati ai CIS (Contratti Istituzionali di sviluppo) sottoscritti tra le Regioni/PA e il Ministero della Salute in attuazione del Pnrr; interventi Extra POR che utilizzano altre fonti di finanziamento (art.20, Fondi regionali, Fesr etc.).
Ebbene, al 31/12/2022 risultano complessivamente 8,5% case della comunità POR attive e 11,6% case della comunità Extra POR attive. Solo in cinque Regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Piemonte e Toscana) risultano case della comunità previste nei POR già avviate e operanti e solo tre Extra POR (Lombardia, Piemonte e Umbria).
Al 31/12/2022 risultano complessivamente 2,3% centrali operative territoriali POR attive e 25% centrali operative territoriali Extra POR attive. Solo in tre Regioni (Lombardia, Piemonte e Umbria) risultano case della comunità previste nei POR già avviate e operanti e solo due Extra POR (Lombardia e Veneto).
Al 31/12/2022 risultano complessivamente 7,1% ospedali di comunità POR attivi e 27,8% ospedali di comunità Extra POR attivi. Solo in sei Regioni (Calabria, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Molise e Veneto) risultano case della comunità previste nei POR già avviate e operanti e solo due Extra POR (Lombardia e Veneto).
Quanto alle risorse stanziate per l'edilizia sanitaria ex art. 20 (34.113.807.991 euro), le principali criticità, spiega Agenas, "si riscontrano nella complessità e nella durata della procedura che non consentono un agevole e tempestivo impiego delle risorse pubbliche rese disponibili, le quali rimangono per lungo tempo immobilizzate con evidenti riflessi negativi sulla gestione finanziaria e contabile della Regione e dell'intero SSR, (fattore anche evidenziato dalla Corte dei Conti). La lunghezza dell'iter determina spesso un parziale superamento della programmazione che non risulta sempre coerente con la normativa che nel frattempo interviene, inoltre l'aumento dei costi degli interventi e/o l'emergere di nuovi/diversi fabbisogni potrebbero richiedere variazioni degli interventi stessi e, quindi, la conseguente necessità di procedere a rimodulazioni dell'Accordo per aggiornarne i contenuti, nonché a revoche di interventi già approvati e relativa richiesta di sostituzione con nuovi interventi".
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