La scorsa settimana è avvenuto un altro cambio alla guida di un dicastero ucraino. Si tratta di uno dei ministeri-chiave, quello della Difesa, tenuto per due anni da Oleksii Reznikov, in precedenza vicepremier.
Due anni di importanza storica, nei quali Reznikov ha viaggiato instancabilmente visitando gli alleati e i potenziali partner e lavorando per ottenere la massima quantità possibile di aiuti militari e finanziari per l’esercito. Evidentemente non sono bastati i suoi sforzi per far avere all’Ucraina armamenti via via più potenti, dai lanciarazzi portatili fino ai carri armati e oggi pure i caccia da combattimento. O meglio, forse sarebbero bastati, ma qualcosa è andato storto nei meccanismi interni alla struttura statale.
Infatti, al di là dei risultati poco soddisfacenti sul campo di battaglia, con la controffensiva ferma al palo, la sensazione nell’opinione pubblica ucraina e occidentale è che la corruzione e la mala gestione delle risorse abbia corroso le chance dell’esercito di Kiev.
Reznikov non è stato formalmente accusato di nulla, ma intorno a lui si sono verificati troppi scandali e troppi casi di peculato per non dover rispondere politicamente della situazione. Così, forse su pressione di Zelensky, si è dimesso proprio sul più bello.
Anastasia Radina, presidente del comitato parlamentare contro la corruzione, ha affermato che i partner occidentali monitorano con attenzione il lavoro dei funzionari ucraini per curare la corruzione endemica del Paese.
Daria Kaleniuk, direttrice dell’Anti-Corruption Action Center, ha detto che a seconda di quanto riusciranno a usare i fondi senza sprecarli e senza che vengano depredati, i soldati potranno disporre di un fucile oppure no, cioè potranno combattere e magari vincere oppure morire senza aver ottenuto niente.