Ieri, con un comunicato pubblicato dal ministero dello Sviluppo, è arrivata l'ufficialità della vendita dell'Ilva alla società a responsabilità limitata Am Investco Italy, le cui quote sono detenute da ArcelorMittal Italy Holding S.r.l. (51%), ArcelorMittal S.A. (34%) e Marcegaglia Carbon Steel S.p.A. (15%).

Sebbene i termini dell'aggiudicazione siano definiti da un'offerta che, da parte dell'acquirente, prevede numeri certi, adesso inizierà quella che il ministero guidato da Calenda ha definito fase negoziale, una trattativa tra Commissari straordinari e aggiudicatario "finalizzata ad eventuali miglioramenti dell’offerta vincolante, come previsto dalla procedura di gara." Trattativa che vedrà anche la partecipazione dei sindacati, anche se non è ben chiaro quanto possa essere vincolante il loro ruolo, almeno in relazione al piano industriale e al numero di dipendenti da occupare.

L'acquisizione degli impianti Ilva ha un costo di 1.800 milioni di euro e sarà regolato con il pagamento di un canone di affitto annuo di 180 milioni. L'acquirente, però, si impegna entro il 2023 a rendere esecutivo un piano di bonifica ambientale per 1.137 milioni di euro, di cui 300 destinati alla copertura dei parchi minerari le cui polveri hanno costituito a Taranto la principale fonte di inquinamento per il quartiere Tamburi, 196 milioni destinati alle cokerie e 179 milioni al piano acque. A queste risorse saranno aggiunte delle migliorie nella gestione delle fasi di produzione che dovrtebbero impattare positivamente in relazione alle problematiche relative all'aquinamento, oltre alla possibilità di "valutare" l’impiego della tecnologia DRI e le condizioni della sua sostenibilità economica.

Oltre  questo sarebbe anche interessante che ci venisse spiegato in cosa consistano i 179 milioni destinati al piano acque. L'unica cosa certa è che con quei soldi non si potrà certo risanare l'inquinamento causato nel mare di Taranto dagli sversamenti dell'Ilva. E quello come dovrà essere considerato? Un male minore?

Ma uno degli aspetti più sibillini del piano è capire i livelli occupazionali e a quali stabilimenti siano da riferirsi. Oggi l’organico dell'ILVA è composto da 14.220 lavoratori, tra Liguria e Puglia, ed il ricorso alla cig straordinaria riguarda complessivamente un massimo di 4.100 addetti.

I livelli occupazionali del piano Am Investco Italy S.r.l., il nuovo acquirente, prevedono invece un organico pari a 9.407 occupati nel 2018, destinati a ridursi a 8.480 occupati costanti. I sindacati non avevano mostrato grande disponibilità in confronto a tali numeri. Inoltre, tuttora non è ben chiaro dove gli esiberi siano stati identificati.

Il ministero ha cercato una via di conciliazione ipotizzando che i dipendenti in eccesso sarebbero poi impiegati nel piano di bonifica, facendo però intuire che gli esuberi riguarderebbero solo, o soprattutto, Taranto.

A questo punto non resta che attendere l'esito delle trattative che dovrebbero anche includere la presenza dei sindacati. I non ottimisti potrebbero citare l'empio dell'acquisizione dell'Ilva da parte dei Riva, ottenuta ad un prezzo di favore, ma soggetta ad una ristrutturazione e ad un adeguamento degli impianti che non è mai avvenuto, grazie alla politica che non ha mai pensato di esercitare controlli adeguati.

Solo l'intervento della magistratura ha reso reale l'ipotesi di un risanamento dell'Ilva e di una bonifica dell'area del sito produttivo di Taranto.