Chi ha ucciso Shireen Abu Akleh, la giornalista palestino-americana di Al Jazeera, colpita da un proiettile alla testa mentre si trovava a Jenin,  per seguire insieme ad altri colleghi un'operazione dello Tsahal contro combattenti palestinesi?

Gli israeliani, o meglio un soldato israeliano dell'unità 217, la Duvdevan, un'unità d'elite conosciuta per operazioni sotto copertura nelle aree urbane, durante le quali i suoi membri possono indossare anche abiti civili.

Chi lo ha detto? 

Il New York Times, il 20 giugno, in una lunga e dettagliata inchiesta  titolata "The Killing of Shireen Abu Akleh: Tracing a Bullet to an Israeli Convoy".

Prendendo in esame testimonianze e video analizzate da due esperti (Robert C. Maher e Steven Beck) il quotidiano americano ricostruisce la traiettoria del colpo che ha ucciso la giornalista di Al Jazeera e afferma che le prove esaminate dimostrano che non c'erano palestinesi armati vicino a lei quando le hanno sparato, contraddicendo le affermazioni israeliane secondo cui, se un soldato l'aveva uccisa per errore, era perché aveva sparato a un palestinese armato.

L'indagine del Times ha anche di mostrato che sono stati 16 i colpi sparati dalla postazione in cui era presente il convoglio israeliano, contrariamente alle affermazioni israeliane secondo cui un soldato avrebbe sparato cinque proiettili in direzione dei giornalisti.

Il Times, però, nella sua inchiesta  non ha potuto stabilire che chi ha sparato abbia riconosciuto Abu Akleh e l'abbia presa di mira intenzionalmente e se abbia visto o meno che lei e i suoi colleghi indossavano giubbotti protettivi con su scritto Press.

Quanto sostenuto nell'inchiesta del New York Times è quanto già ipotizzato e sostenuto tramite testimonianze e ricostruzioni, anche da altri media statunitensi: CNN, Associated Press e Washington Post.

Nonostante le dichiarazioni rilasciate dopo la sua uccisione, le autorità israeliane finora non hanno avviato un'inchiesta ufficiale sull'uccisione di Shireen Abu Akleh.