Per cercare di comprendere le radici di un conflitto che sembra ormai infinito.
“Lo Stato di Israele […] è grande più o meno quanto la Sicilia. Vi risiedono circa sei milioni di ebrei e due di arabi, senza contare gli abitanti della Cisgiordania. In più vi sono una serie di minoranze storiche ma non così conosciute: drusi, circassi, beduini, ecc. […] l’identità di questa terra è talmente complessa che possono percepirsi eccentrici, rispetto alla maggioranza, i giovani che non si riconoscono nella politica e nel mainstream; la classe media che perde potere d’acquisto e non riesce a pagarsi un affitto; gli arabi israeliani che si sentono cittadini di serie B; gli arabi cristiani rispetto alla maggioranza musulmana; i neri africani in rapporto alle altre etnie; le popolazioni beduine e nomadi; i lavoratori immigrati del Sud-est asiatico; i religiosi e i laici, entrambi; i russi o gli etiopici di fronte ai pionieri; i sefarditi nei confronti degli ashkenaziti.
Il miracolo del sionismo consiste proprio nell’aver integrato – tra mille contraddizioni – milioni di esseri umani in pochissimi anni: solo tra il 1945 e il 1951 sbarcarono circa 685 mila immigrati, innestandosi su una popolazione di 650 mila persone, […]. Pensiamo a cosa succederebbe in Italia – considerato il livello dell’attuale dibattito pubblico – se arrivassero 65 milioni di immigrati nei prossimi cinque anni!”. (dalla Prefazione di Tobia Zevi).
Anna Momigliano collabora con il New York Times e il Mulino. Ha scritto Karma Kosher. I giovani israeliani tra guerra, pace, politica e rock’n’roll (Marsilio 2009).
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