Dopo gli ultimi giorni di manifestazioni e proteste promosse da Juan Guaidó e dal suo principale sostenitore - se non addirittura mandante - gli Stati Uniti d'America, la situazione politica in Venezuela non è cambiata dal giorno in cui il leader dell'opposizione si è auto proclamato presidente, chiedendo le dimissioni di quello in carica, Nicolás Maduro.

Uno stallo che ha finito per tenere in ostaggio un intero Paese, aggravando una situazione già difficile proprio per coloro che entrambi i leader dicono di voler aiutare.

Non solo, il tentativo di colpo di Stato è costato la vita, negli scontri tra i manifestanti e la polizia, a 4 persone, tra cui un ragazzino di 15 anni, la cui morte Guaidó utilizza in chiave propagandistica.


Nonostante gli appelli di Guaidó, le strade sono deserte. Inoltre, anche se la gente scendesse in piazza, che cosa potrebbe fare di diverso da ciò che ha fatto finora: manifestare? E con quali conseguenze, se non quelle di far radunare i sostenitori di Maduro in analoghe manifestazioni di sostegno?

Adesso, dopo aver bruciato il tentativo di colpo di Stato, Guaidó sembrerebbe voler provare con lo sciopero generale, ma nessuno ad oggi ne conosce data e modalità. Alla debolezza di Guaidó fa comunque da contraltare la debolezza di Maduro.

Dopo il tentativo di golpe, il presidente venezuelano, quello eletto, ha detto che prenderà provvedimenti contro i militari, pochi a dire il vero, che hanno tradito il mandato costituzionale. Però, nessun accenno nei confronti del mandante del golpe, Juan Guaidó, che si è assunto tutta la responsabilità di quanto accaduto.

Evidentemente, Maduro ha paura delle conseguenze che l'arresto del suo avversario potrebbero generare. Da capire se la sua prudenza sia da associare al timore di una possibile rivolta dell'esercito, che finora gli è comunque rimasto fedele, o a quella di un possibile attacco militare Usa.

Quel che è certo è che dopo quattro mesi di questa situazione, l'economia del Venezuela è distrutta e la popolazione esausta.