L'unica sicurezza del decreto Salvini: l'aumento del numero di irregolari in Italia
Un'interessante reportage del periodico della Cgil, Rassegna Sindacale, ci dà la conferma di quello che già al tempo era facile supporre: che la sicurezza promossa da Salvini con i suoi decreti fosse solo uno strumento di propaganda elettorale rivolto ad aumentare il numero di irregolari presenti in Italia, creando al contempo situazioni di disagio non solo per quelle persone, ma anche per i territori in cui quelle persone cercano di sopravvivere... ovviamente ai margini della legalità.
Tra le principali conseguenze del primo decreto Salvini vi è l'abolizione, a partire da ottobre dello scorso anno, del permesso umanitario. Prima di quella data, la questura poteva concedere il permesso agli stranieri che presentavano "seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano".
Secondo i dati ufficiali, dal 2008 al 2017, sono stati più di 100mila i richiedenti asilo che hanno ottenuto questo tipo di permesso, che ha consentito loro di continuare a vivere e lavorare regolarmente in Italia.
Dopo il primo decreto Salvini, progressivamente, quelle persone continueranno a vivere in Italia, ma al di fuori della legge, aumentando il numero di irregolari che cercheranno alloggi di fortuna, lavori in nero e sottopagati e non potranno certo promuovere ordine e sicurezza.
Infatti, ai più distratti, va ricordato che Salvini dopo aver contribuito ad aumentare il numero di irregolari presenti in Italia, si è però completamente dimenticato di come rimandarli nei rispettivi Paesi di provenienza. E questo non riguarda solo gli irregolari che già lo erano prima di ottobre 2018, ma anche quelli creati da lui!
Così, come riportato da Rassegna Sindacale, "secondo le stime dell'Istituto per gli studi di politica industriale", sono circa 70mila le persone che vivono nell'incertezza sul territorio italiano rischiano di diventare "sans papier entro la fine del 2020".
Per avere un riscontro pratico delle conseguenze del primo decreto Salvini, Carlo Ruggiero, il giornalista che ha realizzato il reportage, è andato nella Piana di Gioia Tauro dove è iniziata la stagione di raccolta per arance, limoni e kiwi, raccogliendo testimonianze di sindacalisti e amministratori locali che si trovano ad affrontare una situazione di ulteriori precarietà rispetto al passato, non certo roseo.
«Le nuove norme - dice il sindaco di San Ferdinando Andrea Tripodi - hanno creato una serie di disagi che naturalmente incidono sul quotidiano di tutti. Nelle tende della tendopoli nata nel 2017, tra l'altro, sono rimasti soprattutto i più disagiati. Chi poteva farlo è già andato via da qui. La situazione igienico-sanitaria, però, s'è fatta davvero complicata. E ancora una volta siamo stati lasciati soli sia dal governo regionale che da quello nazionale. Il nuovo esecutivo, infatti, non ha ancora fatto nulla, non c'è stato nessun intervento, nessun proposito diverso rispetto al passato. Continuiamo a operare in un'emergenza continua».
Per Celeste Logiacco, segretaria generale della locale Cgil, segretaria generale della Cgil locale «ci sarà un drammatico aumento dello sfruttamento e del lavoro nero e la diffusione di ulteriori fenomeni di illegalità. Tutto questo gioverà solo alle organizzazioni criminali che approfitteranno della situazione. Si produrrà, insomma, nuova manodopera a basso costo e concorrenza sleale per le aziende sane, quelle che rispettano le leggi e i contratti. Così si mettono in difficoltà gli imprenditori onesti che vorrebbero assumere migranti, ma che in assenza di un permesso di soggiorno non potranno più farlo».
«Bisognerebbe individuare il lavoro come strumento di integrazione, vigilanza e inclusione - ha poi concluso il sindaco Tripodi. - Ragionare in termini politici e culturali, a lungo termine. Solo così il fenomeno migratorio, se ben gestito, potrebbe diventare uno strumento di rinascita di questo territorio e della Calabria intera . Dobbiamo combattere tutti insieme questa battaglia, che è morale e di civiltà».