Matteo Salvini, il pacifista parolaio
"Visto che entriamo nel centesimo giorno di guerra, l’Italia merita e ha bisogno di pace. Ero abituato da ragazzo a una sinistra che voleva la pace e che criticava chi parlava di armi e di guerra. Adesso è cambiato il mondo e abbiamo un Pd guerrafondaio che critica chi costruisce la pace e parla solo di armi e guerra. La pace è urgente adesso, non solo per salvare vite in Ucraina, che è la cosa più importante, ma perché avete visto l’aumento dei prezzi Lavorare per la pace non è un diritto ma un dovere. Andare avanti con la guerra e con le armi significa morte in Ucraina, ma anche che la benzina, la luce, il gas, il diesel, aumenteranno a sproposito, mentre gli stipendi sono bloccati. Mi spiace che soprattutto a sinistra ci siano colleghi che mi criticano. Chi vuole la pace fa bene all’Italia, chi parla solo di guerra e armi fa male all'Italia e ai lavoratori italiani".
Queste le parole pronunciate oggi dall'ex armaiolo Matto Salvini, neo pacifista tra La Palice e Lavrov, parlando a Verona in un evento a sostegno del sindaco uscente Federico Sboarina, che si è ricandidato alle prossime amministrative.
Come si può capire, il segretario della Lega continua a voler far credere, e non si sa bene a chi, che la sua personalissima iniziativa di pace, per la guerra in Ucraina, suggerita da Mosca debba esser considerata cosa buona e giusta.
A questo punto è lecito pensare che Salvini creda che gli italiani siano in gran parte dei cretini, altrimenti...
In un estremo tentativo, prova farlo ragionare il deputato dem e componente del Copasir, Enrico Borghi, intervenuto a Radio Cusano Campus:
"Al senatore Salvini chiedo, al di fuori di ogni generico slogan, cosa intenda lui per pace. Rifiutare le sanzioni, contestare il sostegno alla resistenza ucraina, isolarci dai nostri alleati è forse la strada di quella che lui chiama pace? O non è invece la strada della capitolazione dell'Ucraina e, con essa, il ritorno in Europa della tragica concezione della violenza come levatrice della Storia? Si parla di pace. Sì, ma quale pace? Quella figlia della libertà di un popolo, o dell'occupazione di una nazione? Non si possono chiamare con lo stesso nome cose diverse. E, soprattutto, qual è il prezzo della pace? Possiamo noi abbandonare gli ucraini a se stessi, lasciandoli in balia di un avversario che sta mettendo in atto dei crimini contro l'umanità? È questo il prezzo di ciò che chiama pace, o è solo la cifra del cinismo di qualcuno? Se noi siamo i guerrafondai, i venditori di armi, quelli con l'elmetto in testa, allora chiedo a Salvini: perché stai al governo con noi? Perché hai votato la risoluzione che autorizza l'invio delle armi in Ucraina? Perché hai votato il decreto Ucraina che invia materiale militare a Kiev e conferma l'impegno italiano nella Nato? E alla luce di tutto ciò... questo è il tempo dei guerrafondai o piuttosto quello dei parolai?"