Con la nuova Legge finanziaria che entrerà in vigore il 1° gennaio 2020, prenderà il via la riforma del meccanismo di riscossione dei tributi dovuti agli Enti locali. La riforma interesserà quindi anche tutti i Comuni italiani, riguardando tributi quali la Tassa sui rifiuti (TARI) l’Imposta sui fabbricati (IMU), la Tariffa sui servizi (TASI: per l’illuminazione pubblica, manutenzione delle strade ecc.)

Per il contribuente corretto vi saranno ben pochi cambiamenti (per altro a suo vantaggio): la Legge non interviene infatti né sulle modalità di versamento né sugli importi, entrambi stabiliti dai singoli Comuni.

Per il contribuente poco corretto invece, le cose potranno cambiare molto.

 

Perché questa riforma: la lotta all’evasione

La riforma viene introdotta nel quadro della lotta all’evasione fiscale. Lo scopo principale (ma non il solo) è quello di dotare gli Enti locali degli strumenti e dei poteri adatti a procedere efficacemente nei confronti del contribuente inadempiente: gli stessi poteri che l’Agenzia delle Entrate esercita attraverso l’accertamento esecutivo.

Fino ad ora, infatti, gli enti locali potevano limitarsi ad notificare il mancato versamento e ad intimarlo. Nei fatti, poco più di una sorta di moral suasion destinata a produrre pochi effetti. Con la riforma, decorsi 60 giorni dal mancato versamento, gli Enti locali potranno procedere con vere e proprie azioni esecutive.

 

Le garanzie per il contribuente

La riforma interviene anche, a tutto vantaggio del contribuente, nella riorganizzazione della disciplina della dilazione del pagamento. Attualmente infatti, tali criteri di dilazione sono stabiliti dai singoli Enti locali mentre, dal 1° gennaio 2020 vi saranno criteri unici validi su tutto il territorio nazionale giungendo a prevedere, per importi maggiori di 20mila euro, la possibilità di dilazione sino a 72 rate. La riforma prevede alcune possibilità di deroga da parte del singolo Ente locale, ma per importi superiori a 6000 euro l’Ente locale non potrà scendere al di sotto delle 36 rate.

Un’altra novità riguarderà gli importi inferiori ai 10mila euro. Trascorsi inutilmente 60 giorni dall’avviso di accertamento, l’Ente locale dovrà emettere un secondo avviso, e procedere all’azione esecutiva solo dopo altri 30 giorni.

 

La privacy

La riforma non è priva di aspetti problematici riguardanti innanzitutto la privacy.

Fra i nuovi poteri che verranno consegnati agli Enti locali vi è, per esempio, il potere di blocco dei conti correnti. Esso comporterà la possibilità di accesso ai dati sensibili del contribuente da parte dell’Ente locale, possibilità che potrà implicare conflitti d’interesse nel caso di piccoli Enti locali quali i piccoli Comuni, dove il rapporto cittadino/eletto è molto stretto.

 

I rischi connessi ad un potenziamento dell’attività accertativa dei comuni

Se lo scopo della riforma venisse raggiunto e dunque gli Enti locali incrementassero le proprie attività di accertamento, ciò potrebbe incrementare il contenzioso con i contribuenti, con conseguente rischio di “intasamento” delle Commissioni Tributarie. Per questo motivo è auspicabile che i Comuni potenzino anche le strutture dedicate al confronto ed all’ascolto dei cittadini destinatari degli avvisi di accertamento, nell’ambito delle procedure di accertamento con adesione.

Tale potenziamento è già stato attuato dall’Agenzia delle Entrate, che sempre più persegue una politica di compliance e di confronto con la parte privata, nello spirito dello Statuto dei Diritti del Contribuente. I risultati si vedono: da luglio 2018 a giugno 2019 i contenziosi sono calati di oltre il 9% passando da 406004 a 368625, continuando il trend degli anni precedenti.

 

 

*Stefano Artuso, avvocato a Padova, specializzato in materia fiscale, è cultore della materia “Diritto dell’economia” presso la cattedra di Diritto Tributario della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova, socio ANTI – Associazione Nazionale Tributaristi Italiani, autore di saggi e studi ad argomento fiscale.