Storie come questa che vi racconterò, sono state la vera spinta, anni fa, a creare l’associazione Studiodonne Onlus a Roma. Ogni giorno mi batto per favorire e promuovere la collaborazione tra istituzioni, tribunali, Asl, forze di polizia, imprese, fondazioni, associazioni e cittadini, in modo da prevenire e contrastare la violenza fin dai suoi primi segnali. 

Sabrina è venuta in studio un martedì pomeriggio. Un anno prima aveva ricevuto il ricorso per separazione da parte del marito, seguita da un altro Avvocato, e aveva già affrontato la consulenza tecnica d’ufficio disposta dal giudice, con grande dispendio di energie emotive. Credeva impossibile che qualcuno potesse mettere in dubbio le sue capacità di essere una buona madre per i suoi bambini Giorgio e Luca, rispettivamente di 3 e di 7 anni. 

Sabrina svolgeva un lavoro non facile. Era un medico chirurgo con la responsabilità della vita dei suoi pazienti. Nonostante questo, non voleva perdersi i momenti più importanti della vita dei suoi bambini come la recita scolastica di fine anno o le gare di karate del primogenito. Il marito Gianfranco, agente immobiliare, al contrario era spesso assente. Gianfranco condivideva con i figli solamente sporadici momenti di gioco e spesso usciva la sera per andare a suonare al pub o almeno questo era quello che diceva alla moglie. La quotidianità ricadeva su Sabrina, già impegnatissima con il suo lavoro. 

A Sabrina non piaceva delegare e anche quando era ancora sposata con Gianfranco non aveva una babysitter fissa. Poteva però contare sull’aiuto dei suoi genitori che abitavano all’appartamento di sotto e che erano ancora giovani e pieni di energia. 

Quel pomeriggio nel mio studio, Sabrina, con la voce rotta dal pianto, ha ripercorso la sua vita matrimoniale. 

Aveva rappresentato nel ricorso tradimenti e gli insulti sul suo aspetto fisico che il marito spesso le riservava, anche in presenza di amici. Gianfranco era solito anche darle violenti schiaffi. Sabrina decise finalmente di denunciarlo. Nel frattempo, lui uscì di casa spontaneamente. 

Sabrina raccontava i maltrattamenti subìti anche nel giudizio di separazione, allegando foto e portando testimoni. Purtroppo, nel caso di specie, il Ctu, valutato il complessivo profilo di personalità di entrambi i genitori nonché la loro idoneità genitoriale attraverso diagnosi medica/psicologica e la somministrazione di test psicologici come Rorschach e MMPI, decideva per l’Affidamento ai servizi con collocamento dei bambini presso la madre. 

Dalla relazione del consulente, infatti, non è emersa la situazione di abuso ed i genitori vengono spesso ritenuti genericamente “in conflitto”, incapaci di comunicare e di fidarsi l’uno dell’altro. Ma come fa una madre a fidarsi di un padre che ha già esercitato violenza nei suoi confronti? 

Nel caso di Sabrina e Gianfranco è andata proprio così. 

Sabrina, nonostante quanto subìto, non aveva privato i figli della figura del padre. Nonostante questo, non è emerso il controllo che Gianfranco esercitava nei confronti della moglie ed anzi i genitori sono stati messi sullo stesso piano, come se avessero le stesse risorse per fronteggiarsi. 

Il giudice dispose, ripeto, l’affidamento dei bambini ai Servizi Sociali e nominò anche un curatore, un avvocato specializzato che assiste il minore quando i genitori non sono in grado di tutelare in modo adeguato i loro interessi e quindi anche in caso di un (presunto) conflitto che impedisce alle parti di dialogare per il bene del figlio. 

Sabrina, dopo l’ordinanza del giudice, cadde in depressione. Non mangiava più e aveva frequenti attacchi di panico. 

Aveva sempre cercato di fare il massimo per il bene dei suoi figli. Si occupava delle loro esigenze quotidiane come far svolgere loro i compiti dopo scuola o accompagnarli alle visite mediche. Era lei che teneva i contatti e si interfacciava con gli insegnanti delle scuole. Nonostante questo, non poteva decidere più nulla senza prima confrontarsi con i Servizi Sociali, circostanza che la gettò nel più totale sconforto. Cominciò ad andare da uno psichiatra che le prescrisse dei potenti farmaci e che le diagnosticò un severo disturbo da stress sviluppato sia a seguito della decisione del Tribunale e sia a seguito dei comportamenti di Gianfranco, che diventavano sempre più ossessivi e controllanti.

È in questo momento che incontrai Sabrina per il conferimento del mandato per seguire la separazione. Poco dopo, gli eventi degenerarono e mi trovai a gestire le conseguenze della sottovalutazione delle condotte di Gianfranco. 

Questa volta a farne le spese ne era stato il figlio Luca. Il bambino raccontava che non voleva cenare e allora il padre lo aveva preso di peso e scaraventato a terra, procurandogli una lesione sulla testa. Come legale, accompagnai Sabrina a sporgere denuncia e nel giudizio di separazione chiesi un ordine di protezione per lei e i figli che consiste nel divieto di avvicinamento del padre nei luoghi da loro frequentati.

Non tutti infatti sanno che provvedimenti cautelari, come anche l’allontanamento dalla casa familiare nel caso i genitori convivano ancora insieme, possono essere disposti anche nel procedimento civile che è sicuramente più spedito rispetto a quello penale. 

Il giudice alla fine ci diede ragione e dispose gli incontri protetti tra il padre e i figli alla presenza dei Servizi Sociali con nomina di un tutore.

La storia di Sabrina è simile a tante altre storie sottovalutate.

Essenziale è cogliere lo squilibrio di potere che c’è in una coppia. Lo squilibrio delle posizioni si evince dai più piccoli segnali, come, ad esempio, il controllo ossessivo, le azioni violente, i maltrattamenti come nel caso di specie.