Il leader della Rivoluzione Islamica, l'ayatollah Seyyed Ali Khamenei, ha rivolto le sue congratulazioni al popolo iraniano per la vittoria nella recente guerra, dichiarando che "il regime sionista è stato quasi annientato e schiacciato sotto i colpi inferti dalla Repubblica Islamica."
«Devo fare le mie congratulazioni al grande popolo dell'Iran per vari motivi. Prima di tutto, per la vittoria sul falso regime sionista. Nonostante tutta la propaganda mediatica e le dichiarazioni di facciata, il regime sionista ha rischiato seriamente il collasso ed è stato quasi distrutto sotto i colpi inflitti dalla Repubblica Islamica», ha detto Khamenei nel suo terzo messaggio televisivo trasmesso giovedì sulla TV nazionale.
Pregando per i comandanti e gli scienziati martirizzati negli attacchi recenti, assassinati dal regime israeliano, Khamenei ha affermato che colpi di tale portata da parte dell'Iran non erano mai stati nemmeno immaginati dai nemici, eppure si sono concretizzati.
Le Forze Armate iraniane, ha aggiunto, sono riuscite a sfondare le avanzate difese multilivello del nemico, colpendo e distruggendo diversi centri urbani e militari con attacchi missilistici.
Secondo il leader della Rivoluzione Islamica, la risposta dell'Iran ha chiarito che ogni aggressione contro la Repubblica Islamica comporterà un prezzo altissimo, rimarcando che questo successo è merito tanto delle Forze Armate quanto del popolo iraniano.
Poi ha aggiunto: «Il mio secondo motivo di congratulazioni è la vittoria dell'Iran contro il regime americano».
Secondo Khamenei, gli Stati Uniti sono intervenuti direttamente per timore che, altrimenti, il regime israeliano sarebbe stato completamente annientato.
Tuttavia, l'intervento statunitense non ha prodotto alcun risultato concreto né inflitto danni rilevanti, per poi aggiungere che gli attacchi degli USA agli impianti nucleari iraniani dovrebbero essere perseguiti come casi legali autonomi nei tribunali internazionali.
Khamenei ha inoltre commentato che il presidente americano Donald Trump ha esagerato la situazione in modo plateale, segno che aveva bisogno di gonfiare i fatti. Secondo lui, chiunque ascolti le sue dichiarazioni capisce che la verità è un'altra: gli Stati Uniti hanno fallito nei loro obiettivi e, per nasconderlo, hanno scelto l'esagerazione.
«Anche in questo caso, la Repubblica Islamica ha avuto la meglio», ha affermato. «In risposta, l'Iran ha assestato un duro colpo in faccia agli Stati Uniti.»
Ha poi ricordato che l'Iran ha colpito la base statunitense di Al Udeid in Qatar, una delle più importanti nella regione, causando danni.«Quelli che prima gonfiavano tutto adesso fanno finta che non sia successo niente, ma ciò che è accaduto è stato enorme.»
Il fatto che l'Iran sia riuscito a colpire una base americana di primaria importanza quando lo ha ritenuto opportuno, ha proseguito, non è cosa da poco. E può succedere di nuovo. Ha avvertito che se ci sarà un'altra aggressione, il costo per il nemico sarà certamente molto alto.
«Il mio terzo motivo di congratulazioni va all'unità e solidarietà straordinarie del popolo iraniano», ha aggiunto.
Ha elogiato la nazione iraniana, composta da quasi 90 milioni di persone, per essersi mostrata compatta e determinata nel sostegno alle proprie forze armate.
Facendo riferimento alla frase di Trump secondo cui «il popolo iraniano dovrebbe arrendersi», Khamenei ha affermato che la questione «ormai non riguarda più l'arricchimento dell'uranio o l'industria nucleare. Si tratta di imporre la sottomissione dell'Iran.»
«Ma una simile affermazione è troppo grande persino per la bocca del presidente degli Stati Uniti», ha commentato. Parlare di “resa” nei confronti di una grande nazione come l'Iran è semplicemente ridicolo.
Ha poi aggiunto che le parole di Trump svelano una verità: sin dall'inizio della Rivoluzione Islamica, gli Stati Uniti hanno sempre cercato lo scontro con l'Iran, trovando ogni volta nuove scuse — diritti umani, democrazia, diritti delle donne, missili, arricchimento dell'uranio. Ma dietro tutte queste accuse c'è un unico obiettivo: costringere l'Iran alla resa.
Secondo Khamenei, le amministrazioni americane precedenti a quella di Trump hanno cercato di nascondere questo intento perché «inaccettabile». Ha sottolineato che nessuna logica può giustificare la richiesta di sottomissione a una nazione come l'Iran.
Poi ha concluso dicendo che l'Iran è una grande nazione, con una civiltà millenaria e un patrimonio culturale ben più ricco di quello degli Stati Uniti e simili.«Pretendere che una nazione simile si arrenda è una sciocchezza, destinata a essere irrisa da chiunque abbia un briciolo di saggezza o intelletto.»
Infine, ha invocato la vittoria definitiva del popolo iraniano, affidandola a Dio.
Questa, invece, è la ricostruzione del "successo" ottenuto da Washington, nonostante le smentite della stessa intelligence USA.
Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha dichiarato giovedì di non essere a conoscenza di alcuna informazione d'intelligence secondo cui l'Iran avrebbe spostato parte del proprio uranio altamente arricchito per sottrarlo ai raid americani.
"Non sono a conoscenza di alcuna informazione di cui ho preso visione che dica che le cose [uranio arricchito, ndr] non erano dove avrebbero dovuto essere, o che siano state o meno spostate", ha detto Hegseth, rispondendo alle domande dei giornalisti.
Eppure, fonti d'intelligence e analisti nucleari non sembrano della stessa opinione. Diverse voci hanno sollevato il sospetto che Teheran, prevedendo l'attacco, abbia spostato una parte significativa della sua scorta di uranio arricchito al 60% — materiale ad un passo dall'uso militare — fuori dal sito di Fordow, poco prima del raid.
Le immagini satellitari di Maxar Technologies mostrano chiaramente "attività insolite" nei pressi dell'impianto nucleare nei giorni precedenti l'attacco: una lunga fila di veicoli era in attesa davanti all'ingresso, una scena che ha fatto alzare più di un sopracciglio tra gli analisti. Un'alta fonte iraniana, parlando con Reuters, ha confermato che gran parte dell'uranio ad alto grado di arricchimento era già stata spostata in una località sconosciuta.
Il tutto getta ombre sull'efficacia reale dei bombardamenti americani. Una valutazione preliminare trapelata dalla Defense Intelligence Agency suggerisce che l'azione potrebbe aver causato solo un ritardo di pochi mesi nel programma nucleare iraniano. Una prospettiva ben diversa da quella dipinta pubblicamente da Washington.
Hegseth, tuttavia, ha bollato la valutazione della DIA come "di scarsa affidabilità" e ha accusato i media di sottovalutare il successo dell'operazione. Citando il direttore della CIA John Ratcliffe, ha ribadito che l'attacco avrebbe gravemente danneggiato le capacità iraniane, al punto da richiedere anni per una ricostruzione completa.
In sostanza, ci si trova di fronte a due narrazioni opposte: da un lato quella ufficiale americana che parla di un duro colpo inferto a Teheran, dall'altro una serie crescente di indizi secondo cui l'Iran potrebbe aver eluso in parte i danni, mettendo in salvo proprio ciò che più conta: l'uranio arricchito.
A oggi non esistono prove definitive pubbliche che smentiscano o confermino lo spostamento dell'uranio. Ma una cosa è chiara: la guerra segreta sul nucleare iraniano si gioca tanto nei laboratori quanto nei centri di intelligence — e nel modo in cui queste informazioni vengono presentate (o nascoste) al pubblico.