Libia: al Sarraj minaccia l'invasione, Conte media, l'UNHCR chiede l'evacuazione dei rifugiati detenuti
La guerra in Libia, come sempre accade in casi simili, non manca dell'ironia che finisce per fare da corredo a quella che si prospetta possa diventare a breve una strage umanitaria.
Così, oggi, al Sarraj ha rilasciato al Corriere un'intervista in cui ipotizza che la marcia dei miliziani al comando del generale Haftar su Tripoli possa spingere 800mila persone, tra migranti e libici, verso l'Italia e le coste europee. Naturalmente, al Sarraj non ha mancato di aggiungere che tra costoro vi sarebbero criminali e jihadisti legati all'Isis.
La Libia di al Sarraj è stata presentata alla comunità internazionale come uno Stato in grado di controllare almeno la Tripolitania, la parte occidentale dell'ex Libia di Gheddafi. È pur vero che la Libia in quanto tale non è in realtà mai esistita, e si può parlare di un'invenzione del fascismo che ha poi trovato nel dittatore Gheddafi una specie di garante tra gli interessi contrapposti delle varie tribù che da sempre la abitano. Venuto meno il suo regime, si è cercato di far credere che in quel Paese si fosse poi ritrovata una stabilità politica che in realtà non c'è mai stata.
Il Governo di al Sarraj era solo una messa in scena, non in grado di controllare neppure Tripoli, come già era apparso evidente nei mesi scorsi.
Il Governo italiano, che grazie al sostegno ad al Sarraj pretende di avere una qualche influenza nell'area, dice adesso di voler fare da mediatore per trovare un accordo che possa fermare l'avanzata di Haftar, e per questo oggi il presidente del Consiglio Conte e il ministro degli Esteri Moavero Milanesi hanno ricevuto a Roma il vice premier libico, Ahmed Maitig, e il vice premier e ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani.
Per fare pressione ed ottenere il supporto - anche militare - della comunità internazionale, al Sarraj cerca di utilizzare qualsiasi mezzo, compresi i migranti presenti in Libia, quelli prigionieri nei lager, sfruttati come schiavi e fino a ieri utilizzati per ottenere soldi e supporto militare per la creazione di una flotta, seppur minima, di mezzi navali.
Quasi immediata la replica del vicepremier Di Maio che, rispondendo alle parole di al Sarraj, ha dichiarato: «Noi non permetteremo mai che 800mila migranti arrivino in Italia. E questo non si può fare solo con la politica fatta finora come governo, dobbiamo farlo come Europa e con una politica di redistribuzione dei migranti che deve valere sempre, e con la cooperazione per stabilizzare la Libia».
Sul tema è intervenuta anche l'UNHCR, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che già venerdì scorso ha chiesto con urgenza il rilascio immediato di rifugiati e migranti dai luoghi di detenzione, poiché molti di quei centri si trovano in aree teatro di scontri continui.
In seguito all'inasprirsi del conflitto in Libia all'inizio di aprile, oltre 9.500 persone sono state costrette alla fuga. Tuttavia, si stima che siano oltre 1.500 i rifugiati e i migranti bloccati in centri di detenzione che si trovano in aree interessate dalle ostilità.
Si tratta di detenuti nei centri di Ain Zara, Qasr Bin Ghasheer e Abu Sleim, tutti a sud di Tripoli. Venerdì 12 aprile, l'UNHCR aveva potuto effettuare il trasferimento di soli 150 rifugiati vulnerabili dal Centro di detenzione di Ain Zara al GDF.
Gli scontri stanno però ostacolando ulteriori spostamenti, "mentre l'instabilità delle condizioni di sicurezza comporta sia la difficoltà di accedere alle strutture interessate dal conflitto per mettere in salvo i rifugiati, sia quella di organizzarne il trasferimento in aree più sicure", ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati che ha rivolto anche un appello alla comunità internazionale affinché solleciti tutte le parti coinvolte nel conflitto a trovare soluzioni per chi è vittima della guerra in Libia, non escludendo anche quella di istituire dei corridoi umanitari per evacuare i più vulnerabili dal Paese.
"Le condizioni attuali in Libia - ha detto Grandi - continuano a evidenziare come il Paese rappresenti un luogo pericoloso per rifugiati e migranti e che quanti fra essi sono soccorsi e intercettati in mare non devono esservi ricondotti. L'UNHCR ha chiesto ripetutamente che si metta fine alla detenzione di rifugiati e migranti".