Nel pomeriggio, un barcone con circa 90 persone è stato intercettato mentre si dirigeva verso le coste siciliane. Sono intervenute una motovedetta della Guardia di Finanza ed una della Guardia Costiera che hanno trasbordato i migranti sulle due unità, trasferendoli poi a Lampedusa.
Sulla vicenda, ovviamente, è intervenuto il ministro dell'Interno Matteo Salvini che ha prontamente comunicato che "in Italia si entra rispettando le regole", aggiungendo di essere "già al lavoro affinché i 90 clandestini arrivati oggi a Lampedusa vengano rispediti a casa loro nelle prossime ore".
Come commentare una dichiarazione del genere da parte di un rappresentante delle istituzioni? Come ministro, in base al dettato costituzionale, chi esercita funzioni pubbliche, deve adempiervi "con disciplina ed onore" e non per farsi propaganda incitando all'odio razziale.
Agli idrofobi sostenitori cui si rivolge il ministro va pertanto ricordato, visto che lui non lo ha fatto, che è comunque necessario verificare se quelle persone, oltretutto definite impropriamente clandestini, abbiano o meno diritto allo status di rifugiati e far questo richiede più di qualche ora.
Nel frattempo, continua l'odissea dei naufraghi a bordo della nave della Ong Sea Eye al largo delle coste maltesi. Un'altra donna, oggi, è stata sbarcata perché necessitava di cure mediche. Quindi, il numero di migranti a bordo è "sceso" a 62.
Nel pomeriggio, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), l’Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e l’UNICEF hanno diffuso un comunicato congiunto in cui esprimono grave preoccupazione per la situazione dei 62 migranti e rifugiati soccorsi dalla nave Alan Kurdi.
"Dalla nave che si trova attualmente al largo di Malta - si legge nella nota - sono state fatte scendere negli ultimi tre giorni due donne. Una di loro, che è in stato di gravidanza e il cui marito sarebbe rimasto sulla nave, oggi ha avuto una crisi epilettica.
La situazione è resa difficile dalla lunga permanenza delle persone a bordo e dalle condizioni meteorologiche. Inoltre, tutti i migranti e rifugiati che sono partiti dalla Libia hanno già sofferto gravi violazioni dei diritti umani.
Le Agenzie ribadiscono l'assoluta priorità di salvare vite umane in mare e assicurare un luogo di sbarco sicuro e tempestivo.
La situazione in Libia rende assolutamente necessario stabilire meccanismi di sbarco in paesi sicuri che siano prevedibili ed in linea con tutte le convenzioni internazionali, che non consentono di ritenere la Libia un porto sicuro."
Da sottolineare che il 29 marzo Salvini aveva inviato una direttiva a Capitanerie di Porto, Guardia Costiera, Polizia, ecc. in cui ricordava che i salvataggi in mare nelle acque al largo della Libia sono competenza dei libici i cui porti venivano definiti "sicuri", anche in base al fatto della presenza in loco di personale OIM. L'OIM nel giro di un paio d'ore, il tempo di apprendere la notizia, smentì tale affermazione ribadendo che la Libia non è in grado di offrire alcun porto sicuro. Affermazione ribadita poi nel comunicato riportato in precedenza.
Inoltre, quanto sta accadendo nelle ultime ore smentisce un'altra degli sgangherati sillogismi salviniani, quella cioè che impedire alle Ong di salvare i migranti in mare e negare alle loro navi l'accesso ai porti faccia sì che diminuiscano le partenze dal nord Africa.