Quello espresso ieri  su Boris Johnson era un voto di fiducia (confidence vote) con cui il gruppo parlamentare dei conservatori ha voluto verificare il sostegno al proprio leader e, di conseguenza, al primo ministro britannico.

Un voto resosi necessario perché era stato richiesto dal 15% dei parlamentari tories in una lettera inviata al capogruppo Sir Graham Brady, a seguito dello scandalo del partygate, per il quale Johnson è stato multato per aver infranto. durante il lockdown, le regole che lui stesso aveva imposto al resto del Paese.

Alle 21 ora locale è stato comunicato l'esito: 211 parlamentari conservatori hanno espresso la loro fiducia nella leadership del Primo ministro, mentre 148 gliela hanno negata. 

Tradotto in percentuale, il risultato indica che solo il 59% dei conservatori eletti alla Camera dei Comuni è disposta a supportare Boris Johnson. Di sicuro costituiscono la maggioranza, ma va detto che Theresa May, anch'ella sottoposta ad un "confidence vote", ricevette un consenso del 63% e dopo pochi mesi fu costretta a rassegnare le dimissioni. 

Johnson, conosciuto il risultato, ha definito il voto di ieri come "decisivo", "molto buono", "convincente" e "un'opportunità per lasciarci alle spalle tutte le cose di cui parlano i media".

Ma le opposizioni in Parlamento non sono dello stesso avviso, come dimostrano le dichiarazioni del leader laburista Keir Starmer e quelle del leader dei liberaldemocratici, Ed Davey, che descrivono un Johnson ormai aggrappato alla poltrona, "la cui reputazione è a brandelli e la cui autorità è completamente distrutta".

Questa mattina Johnson ha diffuso ai media il suo discorso d'apertura nella riunione di gabinetto dove ha definito importante il voto  di ieri indicandolo come una sorta di spartiacque con il passato di cui si vorranno occupare solo i partiti di opposizione, ma non la gente che invece guarda avanti. 

Va detto però che tra la "gente" la popolarità di Johnson è ai minimi termini e durante il Giubileo, nello scorso fine settimana, è stato più volte protagonista di manifestazioni di disapprovazione, quando si è presentato in pubblico.