Festeggiano il compleanno in un locale di Colleferro e scappano senza pagare il conto
È accaduto in un pub di Colleferro, passato alle cronache perché nelle sue vicinanze fu barbaramente ucciso il giovane Willy Monteiro Duarte, testimonianza del fatto che siamo di fronte all'ennesimo fallimento educativo dei nostri tempi
Una bella serata per festeggiare il compleanno della fidanzata che si è conclusa per due giovani con una fuga rocambolesca per non pagare il conto di 160 euro per quanto consumato in precedenza.
Un giovane e la sua fidanzata hanno ben pensato di festeggiare il di lei compleanno in un locale, ma quando è stato il momento di saldare il conto i due, in momenti distinti, hanno lasciato il locale e se ne sono andati. È quanto emerso dalle telecamere di sorveglianza della zona che li hanno ritratti dapprima furtivi nel fuggire e poi ridenti per aver evitato di pagare con l’inganno il locale, oltre che dalle numerose segnalazioni sulla rete.
Tutto questo accadeva nel maggio scorso ma se ne ha notizia solo ora perché sono emerse a carico dei giovani diverse segnalazioni, che li indicano come habitué del “conto saltato” in altri locali della zona.
Lo schema era sempre il medesimo, i Bonnie e Clyde dei castelli romani si presentavano nei locali da soli o accompagnati da ignari amici che venivano invitati per feste o serate insieme, e poi quando si avvicinava il momento del conto con la più classica della scena per uscire a fingere di fumare una sigaretta o di cercare i servizi igienici facevano perdere le loro tracce e si allontanavano furtivamente dal luogo del misfatto.
Pare ammontino a diverse centinaia, se non migliaia di euro, i colpi portati a segno dal duo, ma su questo non è dato sapere, solo la conclusione delle indagini potrà fare chiarezza su quanto accaduto, e si cercano dei nessi anche con episodi analoghi a danni di hotel sparsi in giro per il paese.
Gesti come questi si possono definire come una violenza per i titolari dei locali che spesso e volentieri vivono al limite dell’economia con i costi che continuano sempre a salire e gli incassi che invece seguono un percorso inverso. In questo mondo, che è diventato solo dei diritti e mai di doveri, non c’è più rispetto per niente e nessuno. È il Far West. Quello che dispiace, quello che fa male, è l’inciviltà.
A noi rimane il dovere di informare i cittadini, in particolar modo, sperando che le autorità si attivino per prevenire tali comportamenti; questo però ci pone un interrogativo più ampio relativo alle capacità educative genitoriali di questi giovani dove i cambiamenti socio-culturali del terzo millennio, l’emancipazione della donna/madre, il consumismo post-moderno che ha indotto l’uomo a lavorare il triplo per soddisfare bisogni immaginari, hanno prodotto una riorganizzazione della struttura familiare e modificato le relazioni tra genitori e figli, rendendo i ruoli di ciascuno non più identificabili nella loro soggettività bensì omologati nelle loro rispettive funzioni, privando in tal modo gli educatori del diritto/dovere di imperio e rendendo refrattari i giovani alle regole comportamentali.
E difatti, sempre più frequentemente, la cronaca ci racconta di ragazzi vittime della loro solitudine esistenziale che sfocia in comportamenti border line in molti casi infrangendo la legge per sentirsi parte viva della società, è una condizione patologica che riguarda un numero sempre maggiore di giovani che non trova alcuna soddisfazione nel proprio percorso di vita e che ha come riferimento dei genitori incapaci di coprire il loro ruolo o troppo interessati a tutto tranne che ai propri figli.
Due facce della stessa medaglia, ma attori di una differenziazione sociale che ha dismesso la figura autoritaria degli adulti, in virtù di una tendenza al giovanilismo contrapposta alla tradizionale società gerarchica del passato. I genitori fraternizzano con i figli, diventano loro complici.
Di conseguenza, quel figlio non è più il bambino che cresce, ma un individuo alla pari, un amico a cui nulla si può negare. Un processo di ridefinizione dei compiti in cui l’approccio individualista ha generato una maggiore libertà della persona, ma ha comportato, nel contempo, la scomparsa di confini generazionali e la mancanza di modelli positivi di riferimento causando una voragine nell’educazione del giovane.
Ragion per cui le relazioni dei millennials e dei post-millennials vengono oggi filtrate non dai genitori o dagli insegnanti bensì dai social network, e sottoposte all’approvazione della web community.
Più consensi si ricevono, maggiore sarà la crescita di autostima. Al contrario, l’assenza di feedback provoca loro un senso di frustrazione che, in alcuni casi, degenera in patologie come disturbi di ansia e depressione. In uno scenario tale, l’ossessione per l’accettazione sociale nonché per la popolarità conduce molti giovani, sempre più spesso, a casi estremi di esibizionismo e alle sfide più assurde e pericolose che trovano terreno fertile proprio in rete.
Una competizione dai connotati negativi, costruita sin dall’infanzia, con l’appannaggio di un ideale sempre più distante dalle prospettive future e spesso dalle reali possibilità del ragazzo. Complici le mode suggerite dagli influencer, il più delle volte coetanei senza alcuna preparazione pedagogica, e il lassismo ‘democratico’ degli adulti.
Ragazzi lasciati soli nella realtà ma iperconnessi nel virtuale, anestetizzati da contenuti sempre più diseducativi, sottomessi ad una perfezione che di fatto non esiste, si trasformano in precoci consumatori di tutto: tecnologia, sesso, droga, vita stessa.
Conoscono i sentimenti di amicizia attraverso emoticon e chat, crescono senza sviluppare empatia, compassione, sensibilità nei confronti dei loro simili e della Natura, proprio perché hanno perso il confine tra la vita reale e quella virtuale.
Educare deriva dal latino “ex-ducere” che significa “tirare fuori”, portare alla luce un quid che ha bisogno di essere gestito e guidato nel percorso di crescita.
La priorità è dunque recuperare il ruolo di educatore, ricollocando a casa e a scuola quei famosi no che formano, evitando di forzare o contrastare il naturale sviluppo dei ragazzi e, principalmente, astenendosi dal proiettare su di loro ambizioni che non gli appartengono.
Una giusta dose di autostima va incoraggiata, ma non può e non deve in alcun modo essere misurata con il consenso virtuale, bensì costruita nel tempo con interazioni e confronti reali e, soprattutto, con una serena accettazione di sé e dei propri limiti.
È necessario pertanto che le nuove generazioni siano educate alla cultura del fallimento, affinché riconoscano nelle sconfitte quella parte integrante del percorso di crescita, essenziale a forgiare una personalità solida e resiliente che non collassi al primo ostacolo. Ai ragazzi va insegnato che un errore è un’occasione per migliorarsi, e che per uno che vince ci sarà sempre qualcun altro che perde.
Diceva Pitagora: “Educa i bambini e non sarà più necessario punire gli uomini”. Lui, lo aveva capito già nel VI secolo A. C.