Navi ong e navi mercantili sono due cose diverse
Fermo restando (per l'ennesima volta) che le vite in mare DEVONO essere salvaguardate sempre e comunque, sulla fase SUCCESSIVA, quella dello sbarco, le cose stanno diversamente.
In un post precedente sostenevo che la navi ong abbiano percorsi e finalità diverse dalle altre comuni navi mercantili (merci o passeggeri) e ora finalmente tale diversità sta emergendo.
Dalla rete si rileva questo:
"Dalla ong SOS Mediterranee chiedono di seguire l'indicazione che vuole l'apertura di un "porto sicuro con una deviazione minima dalla rotta prevista della nave". Qual è la rotta prevista dalla nave ong? Dove era diretta la Ocean Viking dopo il soccorso? Qual è il porto di arrivo? Le navi delle ong non hanno "rotte previste", ovvero non hanno una precisa indicazione di partenza/arrivo tale da poter prevedere una rotta. Il principio della "deviazione minima della rotta prevista" ha senso per le navi mercantili che, durante la navigazione, effettuano un'operazione di recupero. Viaggiando verso un punto determinato, queste navi hanno il diritto di entrare nel porto sicuro più vicino lungo la rotta nota."
E anche:
"Operando nel Mediterraneo centrale, per le navi delle ong le coste tunisine sono altrettanto, se non più vicine, di quelle italiane e anche la Tunisia ha dei place of safety, come dichiarato non molto tempo fa da Vincent Cochetel, inviato speciale dell'Unhcr, al sito Open: "Le persone possono essere sbarcate: non vengono spedite in prigione, non vengono rispedite indietro da quelle autorità del loro Paese da cui stanno eventualmente scappando. Possiamo lavorare con l’Oim e fornire loro assistenza. Non è grandioso, non è un’accoglienza 'di lusso', ma è ok". E non sta alle ong decidere se un Paese ha il rango di place of safety oppure no."
Quindi, ancora una volta, ma perché deve essere un problema solo italiano?
Perché le navi ong insistono a voler per forza sbarcare i salvati in Italia perdendo tempo in bracci di ferro che durano periodi durante i quali avrebbero ben potuto andare altrove, magari anche nei paesi di provenienza?
E nuovamente: chi paga le centinaia di migliaia di euro che mensilmente costa il mantenere in mare queste imbarcazioni? Solo "beneficienza"?